Equitalia gli ha contestato una cartella di pagamento di oltre 352mila euro, lui è andato dall’avvocato, ha presentato il ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Piacenza ed è riuscito ad evitare il salasso. Tutto questo grazie a un errore di notifica e alla firma, falsa, che era sulla cartolina che lo avvisava dell’ingiunzione di Equitalia. Un particolare, quest’ultimo, che potrebbe presto avere anche risvolti penali. Il “vincitore” è un artigiano di 34 anni, residente in Valdarda, proprietario di una ditta idraulica.
Il colpo finale è stato messo a segno dall’avvocato Mara Tutone davanti ai giudici tributari. Il legale ha sostenuto che il proprio cliente non aveva ricevuto alcun avviso di accertamento e ha mostrato ai giudici e agli avvocati dell’Agenzia delle Entrate che la firma apposta sulla cartolina di avviso era palesemente falsa. Le Entrate si sono opposte sostenendo che, invece, la notifica era arrivata. E’ bastato, però, un rapido raffronto fra la firma reale dell’artigiano e quella della cartolina postale per rendersene conto: nome e cognome sulla cartolina erano stati tracciati con la scrittura tipica di un alunno delle elementari. Quindi, secondo la difesa, “se non c’è l’avviso di accertamento, la cartella esattoriale è nulla, come più volte stabilito dalla Corte di cassazione”.
L’Agenzia delle entrate non ha potuto che prendere atto del falso e l’avvocato ha chiesto ai giudici l’annullamento della cartella esattoriale. Inoltre, al Tribunale civile, è pendente una causa dell’artigiano dove si mette in primo piano la falsità della firma. Ora il giudice sta valutando il ricorso e se riterrà che esistano gli estremi, invierà gli atti alla procura perché proceda per il reato di falso. La difesa ipotizza che la falsificazione della firma possa essere avvenuta in ambito postale, quando cioè la cartolina
All’artigiano, il Fisco contestava il mancato versamento di contributi vari negli anni. La cifra è diventata stratosferica perché almeno per metà è composta dalle sanzioni. Una delle anomalie che, infatti, rendono il fisco sempre più intollerabile sono le sanzioni che, come in questo caso, spesso raddoppiano l’importo dovuto. A queste situazioni poi si somma la rigidità di Equitalia (di cui l’Agenzia delle entrate è proprietaria al 51 per cento, mentre l’Inps detiene il restante 49) che, nonostante vi sia la rateizzazione, non sente ragioni quando vi è da recuperare il denaro.