“Ragazzi, occhio al sesso via internet”. E’ in estrema sintesi l’appello che arriva direttamente dalla Polizia postale e delle telecomunicazioni i cui investigatori specializzati sempre più spesso si trovano a dover svolgere indagini telematiche in quel marasma incontrollabile che è il mondo del sesso virtuale. Di un caso del genere si sta parlando proprio in questi giorni nelle aule del tribunale di Piacenza dove un 34enne che abita in provincia deve rispondere di fronte ai giudici di un reato particolarmente odioso: avrebbe spinto alcune ragazzine, tutte minorenni, a produrre immagini pornografiche o addirittura ad esibirsi “live”, via webcam, in spettacolini osceni dietro pagamento di piccoli compensi come ricariche telefoniche da dieci o venti euro.
“Il primo rischio per chi comunica il proprio numero di telefono cellulare – fanno notare gli agenti della Postale – è esporsi ad eventuali ricatti”. Ed è accaduto. Ragazzine o ragazzini che senza pensarci troppo hanno rivelato i propri contatti telefonici in modo da poter ricevere le ricariche in cambio di qualche scatto osè salvo poi ritrovarsi vittime di vere e proprie estorsioni: “Ora conosco il tuo numero, posso risalire ai tuoi genitori e se non fai quello che ti dico mostro a loro le foto che mi hai mandato”. E il “fai quello che ti dico”, nella recente storia investigativa della Postale, significa perlopiù aumentare la “produzione” di immagini porno, a volte a sfondo feticista, da inviare via email o via mms, ovvero sul telefonino. Produzione a cui i minorenni in molti casi si sono prestati senza protestare, terrorizzati dalla possibile reazione dei genitori.
E sempre la Postale parla di casi in cui chi si è “esibito” di fronte alla videocamera del computer, magari al solo scopo di soddisfare un desiderio sessuale, si è poi trovato il video pubblicato su qualche sito internet pornografico. Prevedibile lo step successivo: “Se vuoi che cancelli il filmato dovrai pagare”.
Ne possono succedere davvero di tutti i colori, dunque, anche se la rete e l’anonimato (più o meno effettivo) che riesce a garantire rappresentano senza dubbio un incentivo a lasciarsi andare, a non pensare alle conseguenze e ai potenziali rischi.
Nel processo attualmente in corso nel Palazzo di giustizia di via del Consiglio, che ieri ha visto la presenza in aula di due ragazzine che sarebbero state contattate dall’imputato con richiesta di spogliarsi via internet (richiesta non esaudita, a loro dire), il 34enne piacentino è accusato di aver “adescato” almeno nove minorenni in varie città italiane (Roma, Pistoia, Bracciano, Milano, Modena, Frosinone, Taranto e Potenza) alle quali di volta in volta avrebbe richiesto show osceni o l’invio di immagini compromettenti sul cellulare. Invii che hanno riguardato “attivamente” anche lo stesso imputato: sul cellulare di una di queste minorenni sono state trovate immagini a dir poco eloquenti d successivamente attribuite al 34enne; a trovarle e a far scattare quindi l’indagine sfociata nel procedimento penale in corso è stata la mamma della ragazzina in questione che ha denunciato il fatto alla polizia.