“Una finta emergenza quella dell’acqua”. La denuncia arriva da Legambiente che interviene sulla questione nella speranza di far rientrare un allarme che sostiene essere ingiustificato. “Gli agricoltori lamentavano la carenza di risorse idriche, sono bastati 4 giorni di pioggia per dimenticare il problema”, spiega Gian Marco Rancati del comitato No Tube. Il problema per gli ambientalisti è che questa emergenza di cui parlano gli stessi agricoltori, potrebbe portare alla costruzione di una diga in Alta val Trebbia.
IL COMUNICATO
Come tutti gli anni tra fine marzo ed inizi di aprile inizia il dibattito sull’acqua del Trebbia, le esigenze dell’agricoltura ed il minimo deflusso vitale. La variante 2012 è rappresentata dall’emergenza idrica (che in una settimana di normale pioggia di Aprile è già rientrata) e dal positivo rispolverare la questione Brugneto.
Non ci stuferemo mai di ribadire che quella che viene chiamata, a seconda degli anni, guerra dell’acqua o emergenza idrica, è la situazione che da almeno un decennio avvita il dibattito tutto piacentino sulla domanda di acqua per l’agricoltura e sul rispetto del minimo deflusso vitale.
Da quando la Regione, spendendo ingenti risorse, decise di affrontare il problema e cercare di trovare il bandolo della matassa, dando vita al Tavolo del Trebbia (e al relativo Studio sulla sostenibilità dei prelievi idrici), le cose sono molto chiare e conosciute da tutti gli interessati.
-Il deficit idrico, invocato dalle associazioni degli agricoltori e stimato in circa 10 milioni di metri cubi all’anno, è attualmente soddisfatto dai prelievi in falda.
-Dei circa 40 milioni di metri cubi che tutti gli anni vengono prelevati dal Trebbia, meno della metà arriva ai campi, a causa delle enormi dispersioni della rete irrigua.
-Il rispetto del minimo deflusso vitale comporta un contributo di pochi milioni di metri cubi di acqua rispetto a quelli derivati
-Il sistema attuale, nonostante la messa in secca del Trebbia nei mesi estivi, è ancora un sistema in equilibrio per quanto riguarda le acque sotterranee. Anzi, ci possono essere contributi possibili al deficit idrico, sia dalle acque superficiali (il Po) che da quelle sotterranee.
A partire da questi dati, come possiamo pensare di risolvere il problema?
-Riducendo le perdite del sistema di distribuzione dei canali.
-Cambiando le modalità di distribuzione dell’acqua (oggi arcaiche e legate a diritti acquisiti, invece che alle necessità dei fondi), passando ad un sistema a chiamata.
-Realizzando alcuni stoccaggi di acqua vicino alla rete dei canali per integrare le derivazioni di superficie ed alleggerire il prelievo dalla falda.
Questi elementi sono noti dal 2007, anno di conclusione dello Studio del Tavolo del Trebbia.
Quindi non c’è nessuna emergenza, ma solo la solita situazione ingenerata dalla volontà del Consorzio di Bonifica, che punta chiaramente, non a fornire l’acqua all’agricoltura, ma a costruire una nuova diga in Val Trebbia. Nei vent’anni di attesa necessari alla costruzione di un’opera simile, il Consorzio chiede che il minimo deflusso vitale o sia sospeso o sia calcolato con modalità che ne prevedono il totale annullamento.
Ogni anno vengono sbandierate emergenze (che in realtà sono le stesse di tutti gli anni) per ottenere che non ci sia il rispetto del minimo deflusso vitale. Ancora prima della volontà di rispettare una norma di legge, ancora prima dell’interesse a voler salvaguardare l’ecosistema del basso Trebbia (che, tra l’altro, da due anni è diventato un Parco Regionale) basterebbe il buon senso a far rigettare queste richieste di deroga. Il DMV del Trebbia è di 1500 litri al secondo. L’obiettivo delle richieste di deroga è di rilasciare solo 600 litri. Dei 900 litri al secondo in più che verrebbero derivati, arrivano ai campi solo 400 litri al secondo (a causa delle perdite che dicevamo sopra). Bene, questa quantità è prelevabile con solo due pozzi di pianura. E allora: di che cosa stiamo parlando? Di un aiuto reale ai campi o di una lotta ideologica che punta solo ad avere una nuova diga in alta Val Trebbia?
Ricordiamo che la situazione non è certo migliore nelle altre Valli principali della nostra Provincia. Le due valli che hanno una diga a monte, Val d’Arda e Val Tidone, sono in uno stato di secca perenne e artificiale dalla primavera all’autunno. In Val Tidone addirittura agli inizi di Marzo (vedi foto), a Caminata, appena sotto la diga il torrente era in secca, dimostrando che il DMV non era rispettato.
In Val d’Arda d’estate non scorre una goccia d’acqua a valle del cosiddetto dighino di Castell’Arquato.
La situazione della Val Nure è altrettanto tragica. In questo caso, da Pontedell’Olio in giù il Nure muore per molti mesi all’anno, nella mancanza quasi totale del minimo deflusso vitale.
La vera novità del 2012 invece ci è sembrata la posizione dell’Amministrazione Provinciale che per la prima volta sposa in pieno la posizione del Consorzio di Bonifica e delle Associazioni degli agricoltori. Tale posizione pensiamo sarà un danno per tutta l’agricoltura di pianura, perché allontana nel tempo ogni possibile risoluzione del problema.
Chiediamo che si torni al più presto ad un terreno di confronto serio sui problemi e non sugli slogan, e che si avviino quegli interventi che possono da subito dare una risposta seria ai problemi dell’agricoltura.