Sovraffollamento, carenze di personale, calo di risorse da parte dell’amministrazione penitenziaria, mancati interventi di manutenzione, scarsa disponibilità da parte del tessuto sociale e imprenditoriale del territorio ad offrire opportunità di lavoro che consentano la concessione di misure alternative alla detenzione. Sono alcune delle criticità segnalate da Desi Bruno, Garante regionale delle persone sottoposte a misure restrittive o limitative delle libertà personali dopo la visita al carcere di Piacenza, dove si è recata nei giorni scorsi assieme al suo omologo del Comune di Piacenza, Alberto Gromi.
Su una capienza regolamentare di 178 detenuti, quelli attualmente reclusi nel carcere piacentino sono 337, dei quali 328 uomini e 9 donne. 207 scontano una condanna definitiva (201 uomini e 6 donne) mentre 130 sono ancora in attesa di giudizio (127 uomini e 3 donne).
Quasi la metà è costituita da stranieri (48,36%), in gran parte provenienti dal Marocco. Rilevante la presenza dei tossicodipendenti ( 47,18% del totale dei detenuti ) superiore al dato nazionale (che si attesta intorno al 30%).
A fronte di una situazione di sensibile affollamento, l’attuale organico di agenti di polizia penitenziaria è costituito da 157 unità (25 delle quali non operativi nella struttura in quanto distaccati in altri enti e 3 a disposizione della commissione medica ospedaliera) contro i 179 previsti in pianta organica.
L’edificio penitenziario – riferiscono i garanti Bruno e Gromi – presenta carenze strutturali in particolare legate al deterioramento degli ambienti che ospitano i servizi igienici e le docce, ma il piano di ristrutturazione che pure era stato approvato non è stato finanziato. Nel frattempo sta per giungere a termine la costruzione di un nuovo padiglione detentivo, previsto dal cosiddetto “Piano Carceri”, i cui lavori dovrebbero concludersi entro dicembre di quest’anno. La capienza della nuova struttura è di 200 detenuti: “Impensabile che possa essere gestita a regime con il personale attualmente in servizio – fanno notare i garanti – una delle ipotesi auspicate dalla direzione è che i nuovi spazi possano essere utilizzati per realizzare un regime carcerario con le ‘celle aperte’ (in cella di notte, in sezione e spazi esterni di giorno) come previsto dalla recente circolare DAP per i detenuti il cui indice di pericolosità è considerato basso, come nel caso della maggior parte di coloro che sono rinchiusi a Piacenza”.
Nell’ultimo anno la carenza di risorse da parte dell’amministrazione penitenziaria si è tradotta anche in un calo di finanziamenti destinati ai compensi per le attività lavorative dei detenuti, contratti del 35%. Diminuita quindi la possibilità di impiego per coloro che ne facciano richiesta. Solo due i detenuti occupati da una cooperativa esterna. Difficoltà si registrano anche nell’assegnazione di misure alternative a causa della poca offerta dal territorio: 4 o 5 le borse lavoro concesse dal Comune di Piacenza.
Scarsa anche l’offerta formativa, che si arresta al secondo anno di scuola superiore. In questo modo, solo grazie all’impegno dei volontari che sostengono la preparazione dei candidati chi intende arrivare al diploma può farlo solo da privatista.
Un’ultima criticità riscontrata dai garanti riguarda la mancata attivazione del reparto di osservazione psichiatrica. La struttura preposta alla osservazione dei detenuti con problemi psichiatrici e alla diagnosi dei disturbi (l’unica attualmente esistente nelle carceri dell’Emilia-Romagna), nonostante possa contare su un’equipe medico-specialistica dedicata, concessa dall’Ausl di Piacenza, non è in funzione per mancanza di personale penitenziario.
Un ultimo dato: per effetto del cosiddetto decreto Alfano (ex 199) sulla detenzione domiciliare, dal carcere di Piacenza sono uscite 14 persone.