Sembra davvero stonata per CNA la nuova norma in tema di RC Auto che dovrebbe essere introdotta dal Decreto “CrescItalia”, varato il 24 gennaio dal Governo.
IL COMUNICATO
Una norma che, oltre a violare palesemente una recente sentenza della Corte Costituzionale, danneggerebbe pesantemente i consumatori ma anche le 14.000 imprese indipendenti di autoriparazione presenti in Italia.
Il comma 2 dell’art. 29 del Decreto, infatti, penalizza con un maggior costo del 30% i consumatori che decidono di far riparare dal proprio carrozziere di fiducia il proprio veicolo danneggiato in un incidente stradale.
“Una norma assurda – sottolinea il direttore di CNA Piacenza, Enrica Gambazza – dato che in questo modo i consumatori sarebbero liberi solo in teoria di scegliere tra il “risarcimento in forma specifica”, cioè la riparazione gratuita dell’auto attraverso le imprese di autoriparazione convenzionate con le compagnie di assicurazione, ed il “risarcimento per equivalente” che consiste nel rimborso del danno dalla propria assicurazione. Il Decreto, infatti, stabilisce che chi sceglierà il risarcimento per equivalente si vedrà decurtato del 30% l’ammontare del risarcimento stesso. E’ paradossale che un Decreto nel segno delle liberalizzazioni penalizzi pesantemente i cittadini e le imprese di carrozzeria, e rafforzi al tempo stesso la posizione già dominante delle compagnie di assicurazione. Per questo, insieme alle altre Associazioni di Categoria, stiamo sollecitando il Parlamento affinché venga cancellato il comma 2 dell’art. 29 del Decreto Legge 01/2012″.
La posizione di CNA in tema di RC Auto si è recentemente consolidata con il parere della Commissione Giustizia del Senato, secondo cui il risarcimento del danno in forma specifica deve essere previsto solo in via facoltativa e che deve essere soppresso il decurtamento del 30% in caso di risarcimento per equivalente.
“CNA e le altre Associazioni di categoria – conclude Gambazza – hanno illustrato anche alla Commissione Industria del Senato questa incongruenza legislativa che va contro il principio della libera concorrenza e soprattutto grava di maggiori costi i cittadini. Ci auguriamo che questa ingiustizia venga cancellata per evitare una situazione che si ripercuoterebbe negativamente sui consumatori e a danno della piccola e media impresa”.