Una carriera che non finisce mai di stupire, quella di Mario Boni. A 48 anni ha vinto ovunque, ha giocato ovunque, si è fatto amare/odiare ovunque ma mai gli era riuscito ad essere determinante in una partita in cui era andato in panchina solo per onor di firma. Ma procediamo con ordine, nella settimana precedente alla trasferta di Padova Boni non riesce ad allenarsi per un problema al tendine. Ci prova fino in ultimo ad essere della partita, ma il venerdi sera alza bandiera bianca. Troppo dolore e soprattutto un dolore strano quasi sconosciuto e quindi preoccupante per un Boni che ha una soglia del dolore molto alto.
Da buon uomo squadra decide di unirsi comunque alla trasferta. La partita è di quelle punto a punto e si entra nell’ultimo minuto con Padova in vantaggio di un punto. Palombita prova la penetrazione, subisce un fallo pesante e rimane a terra dolorante. Passano i dieci secondi canonici senza che riesca a recuperare ed il regolamento costringe Petitti al cambio. I due liberi sono decisivi, il tecnico milanese guarda la panchina e non ha dubbi. Chiama Boni ad entrare.
“Avevo le scarpe slacciate – ricorda Boni – probabilmente avevo la febbre visto che mi sentivo dei brividi e sapendo di non entrare in campo avevo felpa e pantaloni della tuta. Quando ho capito che stava a me ho tolto felpa e pantaloni ed ho pensato immediatamente a scaldarmi le mani che erano tutt’altro che calde. Altra decisione è stata quella di non allacciarmi le scarpe e poi entrando in campo ho pensato a come poter cambiare il movimento di tiro per non affaticare il tendine. Ho deciso di caricare maggiormente con le braccia e così ho fatto anche se il primo tiro è stato leggermente corto ma sufficiente ad entrare. Una volta rotto il ghiaccio il secondo è stato quasi una formalita’”.
Ma non è finita. Non potendo subito rientrare in panchina hai dovuto partecipare alla azione difensiva.
“Già che è finita con un mio rimbalzo difensivo molto importante nel contesto della partita. Appena finita l’azione sono rientrato in panchina…”.
Alla fine una vittoria non scontata viste le assenze di Agostini, Zanatta e anche la tua.
“Una vittoria molto importante perché in passato una gara del genere credo che avremmo finito per perderla. Da dicembre in campo abbiamo decisamente maggiore qualità ma dobbiamo ancora lavorare tanto per poter trovare gli automatismi giusti. Per un motivo o per l’altro non riusciamo quasi mai ad allenarci a ranghi completi. Di molto positivo c’è nello spogliatoio si respira un’atmosfera molto positiva che nel passato non sentivo. Il gruppo si sta creando e questo non può che facilitare la creazione di una chimica di squadra importante”.
Si può dire che la sconfitta casalinga contro la Salus abbia rappresentato una svolta?
“Se una sconfitta può essere considerata positiva quella la è stata. Per una squadra come la nostra creata per vincere il campionato perdere una gara del genere in casa ci ha fatto capire diverse cose. Da li siamo passati a tre vittorie importanti consecutive”.
Quale è il tuo compagno che ti ha sorpreso maggiormente?
“Senza dubbio Enrico Massari. E’ un ragazzo della generazione del ’90, ossia quelli maggiormente tartassati dalle regole federali. Era finito in serie D, ma allenandoci con noi ho immediatamente intuito che aveva tecnica e personalità per poterci dare una mano importante. E così è stato…”.