Qualcuno è disposto addirittura a metterci soldi di tasca propria per promuovere un ricorso al Tar e fermare una volta per tutte Palazzo Uffici. «Perché – ha avvertito il battagliero Carlo Mazza rivolgendosi alla maggioranza – se oggi voi approvate la variante, approvate la costruzione di Palazzo Uffici. E se il centrodestra inserirà nel programma elettorale il no all’opera, potrà impugnare una pratica che è piena zeppa di errori». Un’indicazione caduta nel vuoto visto che ieri la commissione ha dato il via libera alla variante per la destinazione d’uso degli immobili comunali di via Scalabrini, via Taverna, viale Beverora e via Millo, ovvero l’anticamera di Palazzo Uffici.
Diciannove i voti favorevoli: Partito Democratico, per Pc con Reggi e Bruno Galvani. Dieci i contrari: Pdl, Pc Libera, Sandro Ballerini e Mazza del misto. Astenuto l’Udc mentre Gianni D’Amo non ha partecipato al voto.
Nei giorni scorsi l’amministrazione comunale ha annunciato la decisione di rimandare al prossimo sindaco la decisione o meno di proseguire nel progetto attivando il bando per la costruzione dell’opera all’ex Unicem, ma di voler consegnare ad esso il pacchetto di atti amministrativi già pronto.
Ne è seguita la vibrante polemica tra il sindaco Reggi e l’assessore provinciale Patrizia Barbieri sull’operato della Provincia che, a dire del sindaco, sarebbe stato all’insegna dell’ostruzionismo. Delle nove presentate dagli uffici di via Garibaldi, il Comune ha respinto le tre osservazioni sostanziali, quelle relative all’aumento della capacita’ insediativa e alla riduzione degli standard previsti.
Archiviando il caso della mancata richiesta del parere alla Soprintendenza – l’inghippo che ha costretto a dilatare i tempi – come una «questione di lana caprina, un qui pro quo» ha precisato il dirigente Taziano Giannessi.
«Non è vero che l’approvazione di questa variante equivale all’automatica realizzazione di Palazzo Uffici – ha replicato il vicesindaco Francesco Cacciatore – l’amministrazione avrà gli strumenti tecnici per realizzarlo, ma non sarà un’imposizione». Il vicesindaco ha ricordato poi il tema della razionalizzazione degli spazi del Comune sia presente da sempre nell’agenda di chiunque abbia governato il Comune, indipendentemente dal colore politico. «Ma questa razionalizzazione – ha aggiunto – sarà percorribile solo usando il patrimonio comunale e chiunque governerà beneficerà di questa variante che valorizza il patrimonio dell’ente. Noi non indebitiamo nessuno».
Una posizione che ha trovato «convintamente» allineato il capogruppo del Pd Pierangelo Romersi il quale ha ironizzato sull’eventuale ricorso al Tar paventato da Mazza: «Ci fareste un favore a fare ricorso, ci porterebbe consenso».
In attesa che la pratica sbarchi in Consiglio comunale, il fronte critico nel centrodestra è vasto. Tanti i dubbi. Quelli di Filiberto Putzu (Pdl) legati all’aumento delle capacita’ insediative. Elaborato (e atteso) il ragionamento di Gianni D’Amo (PcComune): «Resto della mia posizione, anche se non è condivisa da tutto il centrosinisra:
bisognerebbe mettere a posto il complesso di viale Beverora e privilegiare edifici esistenti. Resta il fatto che bisogna risolvere il problema della razionalizzazione e questa questione la risolverà il prossimo sindaco. Esprimerò la posizione in Consiglio. La mia contrarietà rispetto al disegno generale è che io non voglio vendere viale Beverora e via Taverna». Alla fine D’Amo ha optato per una non partecipazione al voto, riservandosi però di prendere eventuali «altre direzioni» in Consiglio comunale.
Decisamente contrari Ballerini («guai a vendere i fabbricati e poi la stima degli immobili non congrua. Anzi, bisogna recuperarli»), Giovanni Botti (Pdl), («Palazzo Uffici non e’ un’opera nell’interesse della città») e Mazza: «Se la Provincia non avesse ritardato i tempi, oggi avremmo già visto la posa del primo mattone – ha spiegato – E voi avreste già deciso di spendere 25 milioni all’ex Unicem svendendo tutto il patrimonio comunale. Le imminenti elezioni comunali vi hanno indotto a indietreggiare. Avete fatto una furbata».