Un Sant’Ilario gremito ieri sera per l’incontro organizzato da Libera Nomi e numeri contro le mafie con Armando Spataro. Procuratore delle Repubblica Aggiunto di Milano, si è occupato di criminalità organizzata, occupandosi soprattutto di indagini su ‘ndrangheta e mafia siciliana. L’occasione era presentare il suo libro “Ne valeva la pena: storie di terrorismo e mafie, di segreti di stato e di giustizia offesa” ma ovviamente Spataro si è lasciato andare ad un excursus sulle infiltrazioni mafiose nel nord Italia, un fenomeno di vecchia data in grado però di adeguarsi in modo preoccupante al cambiare dei tempi. “Se prima le mafie si dedicavano ad investimenti in piccoli esercizi, oggi è l’imprenditoria ad essere teatro di interesse da parte delle cosche”, spiega Spataro. “Ma non solo, anche lo stesso rapporto con l’imprenditore è cambiato, perché se all’inizio il titolare di un’azienda era vittima passiva di estorsioni, oggi si stringono accordi e l’imprenditore arriva a chiedere un vero e proprio scambio”.
Ma Spataro si è anche dilungato sul suo libro. Un’opera che spiega essere nata dalla rabbia per il caso di Abu Omar, “un caso di giustizia offesa” come recita il titolo dello stesso testo.
IL CASO ABU OMAR
Abu Omar è stato sequestrato Il 17 febbraio 2003 a Milano da dieci agenti della CIA e un maresciallo dell’Arma dei Carabinieri che fino a un anno e mezzo prima aveva lavorato nella sezione antiterrorismo del ROS di Milano. L’operazione della CIA ha interrotto le indagini che la procura di Milano stava conducendo su Nasr in merito alla partecipazione ad organizzazioni fondamentaliste islamiche e proprio questo rappresenta un grande rammarico per Spataro. Seppure il governo italiano abbia negato di aver ricoperto alcun ruolo nel sequestro, alle indagini condotte dallo stesso Spataro e Ferdinando Enrico Pomarici sono seguiti i rinvii a giudizio per i servizi americani, di 26 agenti della CIA, mentre per i servizi Italiani, del Generale Nicolò Pollari, vertice del SISMI, del suo secondo Gustavo Pignero morto l’11/09/2006, Marco Mancini e dei capicentro Raffaele Ditroia, Luciano Di Gregori e Giuseppe Ciorra. Sull’operazione Abu Omar, il Governo Prodi prima, e il governo Berlusconi poi, hanno mantenuto il segreto di stato.