Carlo Gazzola presenta \”Bot\”, opera omnia sull\’artista piacentino

Questo pomeriggio alla Fondazione di Piacenza e Vigevano il collezionista d’arte piacentino Carlo Gazzola presenterà la sua opera dal titolo “Bot” (Silvia Editrice, 2011; con prefazioni di Luigi Sansone e Arturo Schwarz). Si tratta di una vera e propria opera omnia che riassume giorno per giorno, anno per anno, l’attività dell’importante artista piacentino, Barbieri Osvaldo il Terribile, Bot appunto, di cui Gazzola è appassionato cultore già da tanti anni. Il collezionista e autore del libro, già da tempo percepiva la necessità di fare ordine nel mare magnum delle notizie biografiche e storiche dell’artista, una matassa confusa, incoerente, che col passare degli anni aveva offuscato la trasparenza e la genuinità della storia del Bot. Una vita che merita di essere conosciuta, apprezzata in ogni suo lineamento, e che nel tempo si era resa nebulosa. Come avere un mobile prezioso e lasciare che si copra di polvere e si riempia di tarli. Per Gazzola questo era un sacrilegio storico-artistico e così ecco che comincia la ricerca, un’indagine condotta giorno e notte tra pagine di giornali, archivi, biblioteche, musei, cercando di far combaciare frammenti come di un antico vaso infranto: non basta rimettere a posto, ma è necessario riportare alla luce l’antico splendore. Oggi Bot rivive, ognuno può finalmente conoscere questo personaggio che ha segnato la storia artistica di Piacenza, accompagnando il suo nome a livelli nazionali e internazionali. Al libro si accompagnerà anche una mostra allestita a Spazio Campi visitabile da Sabato 17 Dicembre.

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BOT

Nato a Piacenza nel 1895, vi morì nel 1958, dopo più di trent’anni di attività. Come pittore futurista della seconda ondata, legato all’ambiente milanese, nel decennio 1928-1938 fu protagonista di formidabili polemiche che insieme alla presenza a Piacenza di Mario Cavaglieri (1921-1925) contribuirono a svecchiare l’ambiente, condizionato dall’ascendente del quale godevano gli epigoni della pittura di tradizione, Francesco Ghittoni e Pacifico Sidoli. Bot, nome di battaglia (Barbieri Osvaldo Terribile), inventato ancora prima dell’adesione al movimento futurista, non aveva avuto maestri, anche se egli amava precisare d’aver frequentato l’Accademia Ligustica di Genova. Suo rivale, in loco, Luciano Ricchetti, da lui accusato di «passatismo», con il quale, però, divise lo studio nel 1942, dopo che Ricchetti s’era affermato in campo nazionale vincendo il primo premio Cremona (1939) e partecipando per invito alla Biennale di Venezia. Innumerevoli le personali di Bot, consacrate dalle Biennali di Venezia del 1930 e del 1932, dalle Quadriennali romane e dalle mostre futuriste di Milano e di Roma, comprese quelle dell’aeropittura (si vedano, per questo, le tempere del 1934 nel castello di Carpaneto, adibito a scuola, ora sede del municipio). Nel gusto di Lorenzo Viani eseguì numerose xilografie o sfumografie, che raccolse in cartelle, secondo i soggetti (genere realistico, parodistico, grottesco, africano, quando visse per un paio d’anni in Libia, ospite di Italo Balbo). Tutta la sua vita fu un esperimento, con risultati disuguali. Forse i migliori li ottenne quando si trovò di fronte al vero, quando lo affrontò con umiltà. Con genialità e gusto si dedicò anche alla scultura, in particolare alla ferroplastica. Nel 1980 l’Amministrazione Comunale di Piacenza gli dedicò una mostra in Sant’Agostino. Alcuni suoi dipinti sono conservati nella Galleria Ricci Oddi di Piacenza.

 

NEL SEGNO DI BOT OPERE, IMMAGINI E DOCUMENTI

La mostra rimarrà aperta dal 18 dicembre 2011 al 19 febbraio 2012

Orario: da martedì a domenica 10,30 – 12,30 / 16,00 – 19,00

Gli intervenuti avranno a disposizione il Catalogo Guida della mostra e potranno consultare il libro BOT di Carlo Gazzola. La mostra di Spazio Campi è a sua volta frutto di questo lavoro e per questo il sottotitolo è “Opere, immagini e documenti”. I visitatori potranno ammirare non solo capolavori come il Paesaggio futurista (1931), sferopittura volata in Cina per la mostra “A+B+C/F=Futurismo” al NAMOC (National Art Museum of China) di Pechino, o il Cacciatore di leopardi (1938 circa), il Ritratto di Francesco Ghittoni (1928), che di Bot fu insegnante per un breve periodo al Gazzola, di modi futuristi, o ancora una Gitana degli anni Cinquanta, ma anche apprezzare i numeri della rivista fondata da Bot – “La Fionda” –, insieme a cartoline, libri e documenti. E ancora le fotografie dell’Archivio Croce, che riportano l’artista di fronte ai nostri occhi. Approdando, nell’ultima saletta, a un video documentario realizzato appositamente per l’evento: intervista dopo intervista Bot viene raccontato dalla viva voce di chi lo ha conosciuto. 142 pezzi, per la maggior parte inediti. Una mostra per comprendere, finalmente, chi fu Osvaldo Bot.