Presenti in aula per l’assemblea dell’Ato, benché esclusi dal dibattito, anche i Comitati per l’Acqua Pubblica, i quali hanno rumoreggiato, e non poco, durante l’intera seduta, tanto da far intervenire il sindaco Reggi per chiedere il rispetto del silenzio in aula.
I rappresentanti dei Comitati hanno iniziato a scaldarsi subito dopo la relazione del professor Paolo Sabbioni, docente dell’Università Cattolica, incaricato di redigere un documento nel quale sia circostanziata la miglior fattibilità economica e giuridica dell’unificazione dei servizi piuttosto che la loro separazione. E’ proprio su questo punto che, nonostante le rassicurazioni e l’esito del Referendum i Comitati hanno compreso che, a prescindere dalle modalità con le quali il servizio verrà assegnato, sarà ben difficile che i privati vengano esclusi dalla partita sulla gestione delle risorse idriche e sullo smaltimento dei rifiuti. Un “tradimento” secondo gli ambientalisti, che è stato tradotto giuridicamente dallo stesso professor Sabbioni: “Il Referendum aveva ad oggetto la possibilità di gestire, direttamente mediante proprie società, i servizi pubblici sociali di rilevanza economica. Con il decreto legge 138 di agosto, cioè solo 2 mesi dopo è stato assunto dal legislatore un altro orientamento. Cioè di mantenere una gestione da parte diretta solo per i servizi idrici. Per esempio non per la gestione dei rifiuti”. Un vulnus legislativo che può sembrare di poco conto ma che, a fronte della volontà di unire i servizi – che comporterebbe oggettivi vantaggi economici ai comuni – potrebbe portare all’unificazione, certo, ma solo mediante gara. E’ qui che si aprono panorami inquietanti per i Comitati. Secondo il documento di fattibilità economica redatto dall’Università, infatti, sono numerosi i dubbi su una gestione mista pubblico – privato, mentre quasi impossibile che i due servizi possano essere affidati a una società completamente pubblica. E’ facile ipotizzare, quindi, come hanno avanzato anche gli ambientalisti, che per una necessità “tecnica” (cioè di fattibilità e di convenienza economica) ed una carenza di volontà “politica” (che invece avrebbe dovuto prendere in considerazione l’esito del Referendum) le amministrazioni saranno ancora portate ad affidarsi ai privati nella gestione congiunta di entrambi i servizi.