Pico presenta l’album d’esordio La danza della realtà, sabato 26 novembre 2011 all’Open Stage Festival al “The Field” di Viale Patrioti 9 a Carpaneto Piacentino. Ingresso dalle ore 21.30 con ingresso a 5 euro.
Si chiama Pier Enrico Ruggeri, detto Pico, ed è un giovanissimo rapper figlio d’arte. Il suo disco d’esordio si intitola La danza della realta’ .
Nato e cresciuto tra le nebbie tossiche di Milano, amante d’ogni forma d’arte e di bellezza, PICO vive il mondo della musica fin da bambino ascoltando le canzoni dello Zecchino d’Oro, passando poi attraverso i classici del rock, dai Beatles ai Black Sabbath, fino ad affogare la rabbia adolescenziale nell’hard rock anni ‘70 nel metal e nel punk.
Esplorando tutti gli universi musicali paralleli, dal jazz al reggae, dal blues alla classica, inciampa nel gradino dell’hip-hop. Ne esce arricchito dopo aver acquisito le tecniche del free style e essersi nutrito dell’ironia di artisti come Caparezza “quest’ultimo – commenta PICO – insieme a Frank Zappa ed Elio e le Storie Tese mi insegna una cosa fondamentale: il valore purificatorio di ironia e goliardia”.
Influenzato oltre che dalla musica, dall’arte e dalla letteratura (Jodorowsky, Dalì, Jung, Nietzsche, Baudelaire, Dostoevskij), PICO giunge con LA DANZA DELLA REALTA’ alla prima tappa del suo percorso di artista-musicista-pensatore affidando alle dieci tracce del suo album i suoi pensieri, la narrazione critica, le storie di vita, la ricerca interiore o, come direbbe lui stesso, un delirio intellettuale che dovrebbe guidarlo verso la conoscenza del sé.
L’album LA DANZA DELLA REALTA’ non nasce da un’esigenza di fare musica e di comunicare, ma viene da sé, senza cercarlo, nel corso di due anni dedicati alla lettura, allo studio della religione Rastafari e di tutte quelle culture mistiche dalle quali trae una sua morale.
Il titolo è un omaggio a Alejandro Jodorowski la cui biografia porta lo stesso nome ed è riferito a quell’insieme di cause che portano ai miracoli della vita. Miracoli che sono ovunque come le pietre, ma che raramente vengono percepiti come tali.
Il suo lavoro contiene il lamento di chi è nato e cresciuto tra i fumi della metropoli (Templi moderni), è la critica a Babilonia, società delle apparenze con le sue contraddizioni tra ideologia e pratica (Radical chic, La notte bianca), senza dimenticare di puntare il dito sull’ambivalenza del web e sulle nefandezze della chiesa cattolica (Papa su Facebook).
Il rap è lo stile che gli permette di cantare/parlare sulla musica e di navigare tra vari generi. Muovendosi tra rap, reggae, funky e rock con innesti di liscio e house all’occorrenza, PICO predica l’arte per l’arte come Oscar Wilde e la considera “un sublime strumento di catarsi”.
Nelle sue parole:
“Può darsi che tratti temi sociali, forse anche pesanti.
Può darsi che racconti risibili storielle grottesche (o surreali?).
Può darsi che proponga tentativi di filosofia spicciola.
Può darsi o non può.
Ciò che è certo è che NON sono serio, e che NON sto scherzando”.