Si inaugura il 19 novembre a Piacenza, nel Palazzo della Provincia la mostra “150 Anni di Sussidiarietà. Le forze che cambiano la storia sono le stesse che cambiano il cuore dell’uomo. La mostra è a cura della Fondazione per la Sussidiarietà ed è stata realizzata con la collaborazione di un gruppo di studenti universitari dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Del Comitato scientifico della mostra fanno parte anche Luca Antonini ( presidente della Commissione paritetica per l’attuazione del Federalismo); Maria Bocci, Edoardo Bressan, Marta Cartabia, Gianluigi Da Rold, Michele Rosboch, Giulio Sapelli, Andrea Simoncini, Vincenzo Tondi della Mura, Gian Luigi Trezzi, Giuseppe Verde, Lorenza Violini, Giorgio Vittadini, Danilo Zardin.
La mostra è stata inaugurata dal Presidente Giorgio Napolitano domenica 21 agosto in occasione dell’apertura della XXXII edizione del Meeting di Rimini.
“In questa mostra – spiega il presidente della Provincia Massimo Trespidi – sono raccontati gli anni in cui l’Italia inizia a crescere a livelli sbalorditivi, nei quali emerse la forza di un paese che voleva farcela, in cui l’ambito familiare, l’amore per il lavoro, il desiderio di rinascere furono tanto forti da farci crescere al ritmo del 7 per cento l’anno. Malgrado le sue contraddizioni, l’Italia c’è sempre stata. Prima del welfare state, è nato il welfare fatto dagli italiani. Nelle fabbriche dove, come gli operai della Breda di Milano, ci si autotassava per aiutare chi era in difficoltà, o nelle campagne dove nascevano le casse rurali per liberare i contadini dagli usurai. L’intento della Mostra è quello di illustrare quel ‘movimento dal basso’ che ha portato un paese all’unità. Ciò è stato possibile perché esisteva un forte d’appartenenza. Il racconto dei 150 anni di Sussidiarietà contenuto in questa mostra è la storia fatta dall’iniziativa di tanti che, dal basso e liberamente, si sono messi insieme e hanno collaborato a costruire il nostro Paese”.
La mostra è composta da circa 35 pannelli (formato 100×140) e 4 video che raccontano gli ideali che muovono i protagonisti di questa storia e li spingono a collaborare e creativamente a generare opere sociali, economiche, educative, in risposta ai bisogni personali e di tutti. Innumerevoli sono i sacrifici, le sofferenze, le fatiche, i cambiamenti richiesti: ma ogni cambiamento è un’opportunità di nuova costruzione e conoscenza per chi è educato a vivere in fondo il proprio desiderio. I primi anni dell’Unità sono scossi da eventi durissimi ma anche caratterizzati dalla volontà di recuperare il terreno perduto attraverso nuove forme di presenza e di organizzazione. “È una nuova operosità che si diffonde a tutti i livelli della società – si legge nella Guida alla mostra – con iniziative che rinsaldano la fede degli italiani attraverso i moderni strumenti della stampa, della propaganda e dell’associazionismo. Parrocchie e ordini religiosi suscitano un’infinità di opere per rispondere ai bisogni sorti con l’industrializzazione: analfabetismo, immigrazione, povertà, abbandono minorile, assistenza sanitaria. È un’azione impressionante per vastità, e autenticamente sussidiaria: non nasce per desiderio di supplire a carenze dell’organizzazione statale, e neppure come strategia di riconquista del territorio, ma dai fatti. Sussidiarietà che si è concretizzata in senso di pietà popolare, forza di adoperarsi per il bene comune, coraggio di ripartire sempre, nella certezza di un futuro migliore: fattori che incidono profondamente nel dare fondamento alla nazione.
La mostra documenta la ricchezza di una storia fatta di opere, iniziative e realtà sociali ed economiche, frutto di energia costruttiva, inventiva, sussidiarietà e solidarietà.
La prima parte della mostra affronta quattro periodi cruciali dal 1861 a oggi: dall’Unità alla Grande Guerra; il Fascismo e la Seconda Guerra mondiale; l’Assemblea Costituente; il boom economico e il post Sessantotto. Attraverso questo excursus viene messa in luce l’operatività sociale “sussidiaria” promossa dalle grandi tradizioni popolari (sia religiose che laiche) mediante un percorso dinamico fatto di iconografia, letteratura, stampa e cinema.
Il “miracolo” che gli italiani, alla fine avranno realizzato, pur tra le inevitabili contraddizioni e distorsioni, non sarà solo quello della promozione dell’Italia a grande potenza industriale, ma anche quello di una virtuosa collaborazione tra ceti sociali e tra rappresentanti delle istituzioni pubbliche.
La seconda parte della mostra offre spunti di riflessione sull’attuale momento di stallo che sta vivendo il nostro Paese, di fronte al quale non basta richiamare l’importanza del rispetto delle regole, ma occorre scommettere sul desiderio e la capacità di ogni singola persona di costruire il bene comune.
Queste la parole del presidente Giorgio Napolitano all’inaugurazione della mostra a Rimini: “Non lasciamoci paralizzare dall’orrore della retorica: per evitarla è sufficiente affidarsi alla luminosa evidenza dei fatti. Nella nostra storia e nella nostra visione, la parola unità si sposa con altre: pluralità, diversità, solidarietà, sussidiarietà… Reggeremo alle prove che ci attendono, come abbiamo fatto in momenti cruciali del passato, perché disponiamo anche oggi di grandi riserve di risorse umane e morali. Convinciamoci tutti, nel profondo, che questa è ormai la condizione della salvezza comune, del comune progresso”.
Alla mostra è stato concesso il logo ufficiale delle celebrazioni per il 150° anniversario dell’unità d’Italia.