Per la suinicoltura pochi benefici dalla deroga alla direttiva nitrati

Giovanna Parmigiani, Vicepresidente di Confagricoltura Piacenza e Presidente della Sezione Carni Bovine e Suine, ha partecipato agli incontri di alto livello a Bruxelles insieme al Presidente, Enrico Chiesa ed al Direttore, Luigi Sidoli.  Tra i tanti temi approfonditi, si è parlato anche di benessere animale e della direttiva nitrati. Per ciò che concerne quest’ultima, si presentano diverse problematiche, soprattutto per gli allevamenti suinicoli.  La deroga richiesta riguarda, per Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte e Veneto, la possibilità di applicare fino a 250 kg d’azoto per ettaro per anno da effluenti, in aziende agricole con almeno il 70% di colture con stagioni di crescita prolungate e con grado elevato d’assorbimento di azoto. Si stima che in queste regioni vi siano complessivamente circa 10 313 allevamenti di bovini e 1 241 allevamenti di suini potenziali beneficiari della deroga, corrispondenti rispettivamente al 15,9% e 9,7% degli allevamenti complessivi, al 10,7% della SAU. Una richiesta, dunque, avvertita come più che pregnante dal mondo produttivo e più che sostenuta da Confagricoltura che ha plaudito al primo via libera alla deroga. Ad una lettura più approfondita della normativa, però, l’Associazione degli imprenditori agricoli evidenzia criticità tali da far scemare anche la tradizionale assertività del comparto agricolo. “I dettagli emersi a Bruxelles – commenta Parmigiani – non sono per nulla rincuoranti. Le limitazioni ed i vincoli presentati nella proposta sono tali e tanti da rendere la richiesta di deroga decisamente poco interessante sotto il profilo pratico. Una per tutte: le aziende suinicole sono tenute a chiarificare i liquami con separatori ad alta efficienza ma l’azoto solido separato non può essere utilizzato sulla superficie aziendale e va esportato fuori dell’area vulnerabile, per i trasporti oltre i 30 km, inoltre, è necessaria una tracciabilità con il gps”.  Poco entusiasmanti anche le prospettive sul fronte delle normative dedicate al benessere animale dove le novità vengono soprattutto dalle applicazioni pratiche della norma. “A livello europeo ci è stata mossa una critica – spiega Parmigiani – per il ritardo con il quale stiamo adeguando gli allevamenti, è però emerso come alcune indicazioni a livello nazionale non avessero riferimento nelle disposizioni europee: mi riferisco, ad esempio, alla tipologia del materiale manipolabile che dobbiamo mettere a disposizione degli animali.  Da parte mia ho chiesto un approccio più pragmatico che tenga conto dei riscontri pratici degli allevatori e maggiori contributi per incentivare le aziende ad adeguarsi perché il rischio, in questo momento di crisi del settore, è che le aziende chiudano soffocate dalle tante norme capestro”.

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