Mogavero al Festival: \”Scienza e religione, un bionomio mal assortito\”

Scienza e Religione. Un binomio mal assortito, un connubio difficile da realizzarsi. L’obiettivo, per la Santa Sede e non solo, è chiaro e il titolo della conferenza, tenutasi ieri pomeriggio nell’Auditorium di Sant’Ilario, lo riassume in poche parole: “umanizzare la tecnica”. Ad introdurre l’incontro Orazio La Rocca, giornalista vaticanista de La Repubblica, e Domenico Mogavero, il Vescovo di Mazara del Vallo.

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Al centro del dibattito un tema da sempre caro a letteratura e folklore popolare: l’immagine immortale (e sempre attuale) dell’uomo scienziato/alchimista che, afflitto dalla consapevolezza dei propri limiti, forza la tecnica per superarli sfidando la Natura e le regole impostegli da Dio. A guardarlo bene il Faust sembra assumere tutte le sembianze dell’uomo contemporaneo, completamente teso verso il progresso. Ma l’esasperazione tecnologica può condurre a snaturare l’uomo? In definitiva, può la tecnica uccidere l’uomo? D’altronde i miti e i racconti letterari hanno tutti lo stesso finale: l’immancabile punizione divina per il peccato di tracotanza. La domanda centrale è una: è possibile dunque umanizzare la scienza?

“È sicuramente necessario. Certo ci vuole un po’ di fantasia – ha affermato Mogavero – nel dire, a priori, che è possibile umanizzare la tecnica. Quest’ultima è sì opera dell’uomo, ma rischia di rivolgersi contro l’uomo stesso. Le prove più concrete sono nell’osservazione quotidiana e nelle problematiche che concernono l’uso dei prodotti della tecnica. La direzione deve essere necessariamente quella di umanizzarla perchè il pericolo, al contrario, è che la tecnica uccida l’uomo”.