“Sulla strada da Gerusalemme a Gerico per terra qualcuno incrocia un tossico mezzo morto.
Il monsignore sbarra il Tempio, il politico pensa ad una nuova legge, un portaborse telefona alla stampa… Qualcun altro passa di lì e lo riconosce: era Cesare, 16 volte in comunità, 16 volte ricaduto e 16 volte salvato. Questa era la diciassettesima…” Con questa rilettura della Parabola del Buon Samaritano don Mazzi ha aperto il proprio intervento in Provincia sul ruolo del volontariato.
Un volontariato, secondo il fondatore della Comunità Exodus, che non sa più ascoltare e svolgere il proprio ruolo, troppo impegnato a organizzarsi, a fare statistiche, a reperire fondi, a costruire strutture. “Dobbiamo tornare a chiederci quale uomo e quale umanità vogliamo – ha detto don Mazzi -, dobbiamo fermarci davanti all’uomo e ascoltare i bisogni più autentici, riscoprire cosa c’è di vivo “in quell’uomo mezzo morto come accadde al Buon Samaritano”. C’è una tragedia in atto – ha incalzato – un bisogno che non si calma con un panino o con un luogo di ricovero. Abbiamo perso i valori, anche noi cattolici, anche noi che nel volontariato ci lavoriamo da tanto tempo. Questo mondo non ci aiuta a essere noi stessi, ma ci impone di essere caricature di altri, vittime di una cultura che ci ha tolto l’umanità, che non ci fa più parlare di amore autentico, ma solo di denaro, successo, sesso. Allora io dico – ha chiosato – basta costruire strutture, non facciamoci soffocare dalle organizzazioni, ma riscopriamo il valore autentico dell’uomo, della sua umanità”.