Quella del 2011 sarà una buona annata per il vino, con punte di ottimo in particolare per i bianchi. E’ la prima previsione sulla vendemmia dell’Osservatorio per l’andamento delle colture viticole e del mercato vinicolo di Confagricoltura che conta un campione di circa 700 aziende fra le più prestigiose. La raccolta delle uve sarà in anticipo in molte zone d’Italia e mediamente abbondante. I dati nazionali sono confermati a livello provinciale, anche se, dal punto di vista meramente produttivo, si stima una leggera contrazione in termini di quantitativi rispetto alla campagna precedente.
“Certamente – sottolinea Chiara Azzali, Presidente della Sezione di Prodotto Vitivinicola di Confagricoltura Piacenza – il mese di agosto ed i primi giorni di settembre saranno fondamentali, soprattutto da noi, dove una fine anticipata dell’estate può impattare negativamente sulla maturazione, per cui la prudenza è necessaria, ma sia le condizioni ambientali sia i segnali colti in vigna consentono di essere ottimisti per il livello qualitativo dei nuovi vini”.
Nella nostra provincia – rileva Confagricoltura Piacenza – lo stato vegetativo è stato valutato positivamente. Le fitopatie sono state molto contenute ad eccezione di rare segnalazioni di flavescenza dorata, di oidio e peronospora, a seguito delle piogge primaverili. L’alternanza di pioggia e di buone temperature ha comunque soddisfatto i vignaioli. Riguardo alla crescita dei volumi produttivi aveva fatto clamore, recentemente la notizia del “sorpasso” produttivo dell’Italia sulla Francia. “Negli anni c’è sempre stata un’alternanza di “primati” con i vicini vignaioli francesi – commenta Azzali – il problema oggi è vendere. L’Italia non riparte. La crisi c’è ancora, i consumi sono fermi, soprattutto quelli dei vini di fascia medio alta e le difficoltà permangono. Per fortuna dall’estero arrivano segnali positivi, sai dai mercati tradizionali, sia dagli emergenti. L’export di vino italiano sta dimostrando d’essere la vera risorsa per tutto il settore e per la sua tenuta in tempi difficili come questi”.
Restano in ogni modo diversi problemi da risolvere. Ad esempio, l’Italia è il primo esportatore di vino in quantità ma non in valore.
“E’ molto difficile essere propositivi – rileva Azzali – credo che ciò che non deve essere perduto sia il senso della filiera: il prezzo finale di molte bottiglie di vino vendute non è tale da coprire i costi di produzione dell’uva, figuriamoci del vino. Dobbiamo avere il coraggio di rivendicare meno DOC per salvaguardare e creare un prezzo del vino DOC che abbia un margine sufficientemente remunerativo per pagare la produzione. Per fare questo ci vuole il consenso di tutti ed un confronto aperto con gli attori del sistema: operatori, organizzazioni, istituzioni ed enti, per la condivisione di una politica d’indirizzo per il futuro. Anche sull’export – conclude Azzali – l’azione non può essere a livello di singola azienda, ma deve essere sinergica e coinvolgere tutto il sistema vitivinicolo provinciale”.