Sversamento del Lambro, la Regione monitora con Arpa il fiume Po

La Regione Emilia-Romagna sta monitorando, avvalendosi del supporto di Arpa, le acque del fiume Po fino al mare Adriatico per verificare gli eventuali danni causati agli ecosistemi acquatici dallo sversamento accidentale di idrocarburi avvenuto nel fiume Lambro nel febbraio 2010.

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Le rilevazioni fanno seguito ad un protocollo sottoscritto a fine 2010 con l’Autorità di bacino del fiume Po, le Regioni Lombardia e Veneto, i parchi regionali del Delta del Po e l’Istituto di ricerca sulle acque del CNR (IRSA-CNR) che prevede la valutazione delle conseguenze dovute allo sversamento di idrocarburi, con particolare attenzione ai potenziali effetti tossici sugli ecosistemi acquatici presenti nel fiume, nelle acque di transizione e marino-costiere e l’approfondimento delle conoscenze sugli impatti che i diversi corpi idrici monitorati possono avere subito.

“L’inquinamento prodotto dallo sversamento di sostanze nocive nel Lambro – ha commentato l’assessore regionale all’ambiente Sabrina Freda – è stato un evento eccezionale. Il monitoraggio delle conseguenze richiede quindi uno sforzo di ricerca ampio, complesso e coordinato con le altre Regioni coinvolte perché l’incidente del 2010 non è riconducibile né ad analoghe esperienze né a situazioni pregresse a cui potersi rifare”.

L’indagine di Arpa affianca e completa quella condotta nella prima fase di emergenza ambientale e ha anche l’obiettivo di individuare eventuali azioni di bonifica e riqualificazione dello stato di salute delle acque coinvolte nell’inquinamento accidentale. Sono oggetto della valutazione i parametri idrologici, morfologici e chimico-fisici delle acque, la flora, la fauna acquatica e la popolazione ittica del fiume fino alla sua foce, comprese le aree protette sul delta del Po.

Parte delle indagini sono svolte in collaborazione con le altre Regioni coinvolte, che si avvalgono ugualmente delle agenzie ambientali (ARPA), con il supporto tecnico-scientifico di IRSA-CNR.
Gli enti firmatari del protocollo garantiranno la massima trasparenza e la più ampia diffusione dei risultati, anche al fine di tutelare le attività economiche presenti in quelle aree e legate agli usi delle acque, in particolare acquacoltura e pesca. /SM