E’ stata condannata ieri a otto mesi, nonostante la richiesta di assoluzione del Pm, la ginecologa Carola Bergante, accusata di omicidio colposo. Il medico avrebbe provocato la morte di una neonata, Melanie, avvenuta il 20 novembre del 2007 a Parma, dove era stata trasportata tre giorni prima della nascita con un parto cesareo, avvenuta nel reparto di Ostetricia dell’ospedale. La piccola morì per distress operatorio, per aver inalato meconio (liquido amniotico). Il giudice Adele Savastano ha anche condannato il medico a un risarcimento di 660mila euro ai genitori della piccola, due immigrati di Santo Domingo che si sono poi trasferiti in Spagna. La difesa della ginecologa dell’Ausl ha preannunciato il ricorso in appello dopo aver letto le motivazioni della sentenza, che saranno depositate fra 60 giorni. Il pm Emilio Pisante aveva chiesto l’assoluzione per la professionista, così come il difensore del medico, l’avvocato Paolino Ardia, del foro di Varese, e il responsabile civile Ausl, l’avvocato Antonio Trabacchi. La parte civile, al contrario – rappresentata dagli avvocati Sergio Castagnetti e Massimiliano Perotti – aveva chiesto di ritenere Bergante responsabile di quella morte. La parte civile, ha detto che Bergante in qualità di medico di turno sarebbe dovuta intervenire. Erano le 7.42 e lei attese l’arrivo di un altro medico, quello reperibile, delle 8. Alle 7.30, secondo Castagnetti e Perotti, la sala operatoria era pronta, ma si intervenne (Bergante e un altro medico) con un parto cesareo sulla donna solo alle 8.04. Il feto venne estratto alle 8.12. Di parere opposto, l’interpretazione della difesa, che aveva utilizzato tre medici per la perizia. L’avvocato Ardia ha sostenuto che non si poteva parlare di un ritardo nel cesareo, perché il quadro clinico non aveva mai evidenziato un’emergenza, ma solo un’urgenza ordinaria. «C’era una patologia pregressa. La morte era dovuta a un’ipertensione polmonare». Il legale della difesa ha affermato di «aver provato delusione al momento della sentenza per non aver ottenuto risultati, ma porterò avanti le mie tesi negli altri gradi di giudizio».