L’associazione Amici di Nonna Quercia che si batte per impedire che venga attuato il progetto del terzo ponte sul Po, ha inviato un comunicato nel quale fa sapere che anche l’Unione Europea avrebbe avanzato dubbi sulla legittimità del piano.
IL COMUNICATO DEGLI AMICI DI NONNA QUERCIA:
Un esposto popolare firmato da diverse centinaia di cittadini lombardi ed emiliani e due interrogazioni di parlamentari europei.
Sono le principali iniziative attivate a livello europeo nei mesi scorsi dagli amici di Nonna Quercia per segnalare la devastazione ambientale che il Terzo ponte di Cremona, oltre alla campagna alla quercia plurisecolare, opererà su zone naturalistiche protette lungo il Po.
Stiamo parlando degli Spiaggioni di Spinadesco (SIC IT20A0016) e “Spinadesco” (ZPS IT20A0501) e di tutta l’area golenale “Fiume Po da Rio Boriacco a Bosco Ospizio” (SIC/ZPS IT4010018), che comprende anche l’Isola del deserto.
Quest’ultima, una delle più antiche e pregiate isole del Grande fiume, è il luogo scelto per la riproduzione di specie di uccelli, molti dei quali in via di estinzione.
L’europarlamentare, on.De Magistris (IdV), dopo aver ricevuto una risposta alla prima interrogazione (luglio 2010) in cui l’UE avanza dei dubbi sulla documentazione fornita dalle autorità italiane, ha presentato una seconda interrogazione, insieme al deputato verde spagnolo Raül Romeva i Rueda, sulla presunta violazione della Direttiva Ue “conservazione degli habitat naturali e della flora e fauna selvatiche”. L’interrogazione e il comunicato stampa sono scaricabili dal sito http://www.luigidemagistris.it/index.php?t=p2457.
Alcuni mesi fa, invece, senza clamore, gli amici di Nonna Quercia hanno raccolto molte centinaia di firme presentando a Bruxelles un esposto popolare, fornendo tutta la documentazione cartografica e fotografica riguardo alle devastazioni che il Terzo ponte produrrà su tutto il sistema naturalistico e paesistico del Po, senza alcuna giustificazione in termini di traffico e in presenza di alternative molto meno costose e impattanti.
La Commissione Europea, tramite Ion Codescu, della Direzione generale ambiente, ammette che le informazioni ricevute dal Ministero dell’Ambiente italiano non consentono di fare chiarezza sui requisiti imposti dalla Direttiva Habitat e che “ulteriori precisazioni sono state richieste alle autorità italiane.”
Si ricorda, a questo proposito, che la Direttiva Habitat stabilisce come comportarsi quando il progetto di una nuova infrastruttura va a distruggere aree protette a livello UE, come nel caso dell’Isola del Deserto, in assenza (motivata) di alternative meno impattanti.
Quando un’opera, a seguito di uno Studio di incidenza ambientale, impatta fortemente su un’area protetta, infatti, l’UE precisa che l’intervento può essere realizzato soltanto “con riferimento ad esigenze connesse alla salute dell’uomo e alla sicurezza pubblica o ad esigenze di primaria importanza per l’ambiente ovvero, previo parere della Commissione europea, per altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico”.
In parole povere, il Terzo ponte, data la sua incidenza ambientale negativa sulle aree protette – certificata dallo stesso proponente – può essere costruito solo se migliora la salute dell’uomo o la sicurezza pubblica o, dopo aver chiesto il parere della Commissione europea, per altri fondamentali motivi di interesse pubblico. Di tutto questo, nel progetto, non vi è alcuna traccia.
Queste considerazioni sono state argomentate in modo scientifico da uno Studio interdisciplinare di 18 docenti universitari ed esperti a livello nazionale, dal titolo “Contributo interdisciplinare sul raccordo autostradale denominato Terzo ponte” (settembre 2010), e da un’integrazione sui dati reali dei flussi di traffico (novembre 2010), pubblicati sul sito www.terzoponte.com.