La Festa di Piacenza. Per una volta le polemiche politiche del Consiglio comunale hanno lasciato spazio all’orgoglio di essere concittadini della Primogenita. Per tutti, indipendentemente dai colori politici. L’aula di Palazzo Mercanti vestita a festa, con il Gonfalone a troneggiare sopra gli scranni e l’eleganza dei consiglieri ad omaggiare quel 10 maggio del 1948, quando il plebiscito sancì l’annessione di Piacenza al Regno di Sardegna. Per una volta le canoniche posizioni nell’emiciclo sono state rivoluzionate, con gli spazi solitamente occupati dall’esecutivo, lasciati a disposizioni di chi ha il proprio nome scritto nella storia recente della città. Gli ex sindaci con sguardo pieno di fierezza: erano presenti Alberto Spigaroli, Franco Benaglia, Stefano Pareti, Gianguido Guidotti. Non c’era Giacomo Vaciago. Seduto tra il sindaco Roberto Reggi e il vicesindaco Francesco Cacciatore c’era il prefetto Antonino Puglisi che ha concluso il dibattito. E poi gli ex presidenti del Consiglio Carlo Mazza e Benedetto Ricciardi, al fianco di Ernesto Carini e della vicepresidente Lucia Rocchi. Una festa coronata dall’emozione suscitata dall’Inno nazionale e dal Va Pensiero cantato dal Coro Farnesiano in apertura dei lavori. Antonio Levoni (Udc) ha ricordato i piacentini all’estero portando i saluti di una comunità di concittadini trapiantati in California, anche con incarichi istituzionali di prestigio, ma che non hanno mai dimenticato le loro radici.
“Italia Europa, da sudditi a cittadini” è il titolo attribuito da Gianni D’Amo (PcComune) al suo intervento. “Il Risorgimento è intanto la formazione di uno Stato e di un mercato unico, quest’ultimo elemento imprescindibile per essere attori principali del proprio tempo. La Costituzione nella forma monarchico-costituzionale, il potere poggia sul popolo, sulla nazione, il fondamento del potere dal basso. Il Risorgimento ci insegna che i sudditi si trasformano in cittadini”