Soprattutto negli ultimi anni, il lavoro domenicale è andato via via diffondendosi anche in attività che non lo necessitano né per esigenze tecniche della produzione né per ragioni di significativo servizio alla cittadinanza.
Ciò sta comportando una progressiva perdita del tempo comune di astensione dal lavoro, con pesanti ripercussioni sia sulla vita di relazione delle persone sia sul tessuto comunitario della collettività. Avere il riposo settimanale in giorni diversi gli uni dagli altri, infatti, mina alla base la possibilità di vivere con serena libertà i rapporti familiari e amicali e inficia la possibilità di prendere parte alla vita delle formazioni sociali intermedie, quali gruppi sportivi, associazioni di volontariato, centri culturali ecc. .
Peraltro, come riconosce anche la Costituzione italiana (cfr. art. 2 e art. 3), è proprio attraverso tali ambiti relazionali che ogni uomo sviluppa primariamente la sua personalità e, al contempo, è proprio su di essi che si fonda ogni sano sistema societario. Ecco perché la stessa Unione Europea sancisce che «l’organizzazione del lavoro secondo un certo ritmo deve tener conto del principio generale dell’adeguamento del lavoro all’essere umano» (Direttiva 2000/34/CE).
Facendoci interpreti del diffuso disagio sociale provocato dall’estendersi del lavoro domenicale non necessario, rivolgiamo quindi un pressante appello a quanti hanno responsabilità nell’organizzazione delle attività d’impresa e alle istituzioni pubbliche competenti circa la regolamentazione di tali attività, affinché la domenica sia effettivamente il giorno di ordinaria sospensione del lavoro, così come prevede anche il nostro Codice Civile (art. 2109):
– lo chiediamo come lavoratori, per poter vivere la pausa settimanale dal lavoro non solo come riposo individuale, ma anche e soprattutto come tempo di socializzazione extralavorativa, di condivisione e di festa;
– lo chiediamo come famiglie, per aver modo di coltivare gli affetti più cari con quella libertà e quella disponibilità di tempo comune che ben difficilmente si possono avere nei giorni feriali;
– lo chiediamo come cittadini, per essere nelle condizioni di partecipare alla vita delle nostre comunità civili e religiose, nonché delle varie aggregazioni sociali del territorio.
Nel richiamare, su questa problematica, l’istanza popolare promossa dal MCL otto anni or sono (che in provincia di Piacenza venne sottoscritta da 2.000 cittadini e adottata con delibera consigliare da 6 Amministrazioni comunali), affidiamo con fiducia queste riflessioni e la richiesta che le accompagna alla responsabilità sociale in particolare delle nostre Amministrazioni comunali, perché non vengano incentivate prassi commerciali funzionali al mero profitto privato di pochi e lesive di conquiste sociali e giuridiche costate grandi sacrifici a molte generazioni di lavoratori e lavoratrici.
Sarà anche tutelando il significato e il valore dei tempi comuni di festa che si potranno così promuovere più alti livelli di solidarietà e coesione sociale, cosa di cui la nostra società ha estremo bisogno per il bene di tutti e di ciascuno.