Piacenza comune formica. Il dato emerge dall’analisi del centro studi Sintesi, emanazione della più famosa Confartigianato di Mestre, che ha classificato gli enti locali spreconi, che spendono da ricchi ma incassano da poveri.
Piacenza è citata come esempio virtuoso tra i Comuni con minor spesa e capacità fiscale sopra la media nazionale, nello specifico la spesa corrente è pari al 76, 1% e l’Irpef pro capite pari al 110,1%.
Al sud si concentra il 6% dei comuni italiani in cui il reddito medio pro capite è inferiore del 30% rispetto alla media, al contrario la spesa corrente supera la media del 30%. La capitale dello squilibrio è Napoli, che presenta un indice di spesa al 129% contro una capacità fiscale del 64%, nella lista nera anche Catania, Palermo, Cosenza, Oristano, Cagliari. Agli antipodi Piacenza, Reggio Emilia e Ferrara. Al quarto posto Roma, seguono le città del Nord con la migliore qualità della vita: Bergamo, Cremona, Sondrio, Varese in Lombardia, Cuneo, Biella, Novara, Vercelli in Piemonte e quasi tutti i capoluoghi veneti.
Filippi Stefano su Il Giornale “La parte più rassicurante dello studio è che tre quarti dei comuni italiani si collocano in una situazione di sostanziale tranquillità, cioè spendono in proporzione a quanto il territorio può produrre. I casi più allarmanti si registrano in Sardegna, dove 43 comuni su 100 presentano un disequilibrio strutturale, in Sicilia (29,2 per cento), Molise (25 per cento). Umbria e Trentino Alto Adige hanno due soli comuni con problemi; Friuli, Toscana, Emilia e Veneto uno ciascuno, la Valle d’Aosta nessuno. Il paradiso delle montagne è anche l’eden dei conti pubblici“.