E’ di ieri la presentazione del Rapporto 2011 del Crcs (Centro di ricerca sui consumi di suolo) e i dati per la nostra provincia sono davvero preoccupanti.
“In cinque anni, tra il 2003 e il 2008 il 6,4% del territorio è stato “conquistato” da infrastrutture, palazzi e capannoni industriali, ha dichiarato il presidente di Coldiretti Piacenza Luigi Bisi; sono stati persi 1600 ha di terreni agricoli; ogni giorno vengono urbanizzati circa 7000 metri quadrati di suolo; insomma quotidianamente l’agricoltura perde un’area pari ad un campo da calcio”.
Guardando la media dell’Emilia Romagna, che in cinque anni ha perso 20.000 ettari di terreni, pari al 9,3% del territorio, e i dati della vicina Lombardia, Piacenza è ancora “privilegiata”, ma per quanto tempo?
“E’ necessario prosegue Bisi trovare una strategia di benessere e sviluppo, che non vuol dire imitare i territori contermini volti all’industrializzazione “selvaggia”, ma evitare di commettere gli stessi errori. Le infrastrutture sono fondamentali, ma occorrono regole che difendano le aree agricole. E questo non significa tutelare solo l’attività agricola, ma il benessere di ognuno di noi. Senza la terra non finisce solo l’agricoltura, ma anche l’ambiente, lo sviluppo economico, la produzione di cibo, i servizi. E dopo cosa ci resta? Solo cemento. Che cosa respireranno le generazioni future?”
“E’ talmente scontato, conclude il presidente di Coldiretti Piacenza, che fatichiamo a rendercene conto: senza cibo, infatti, non si prova malessere o disagio sociale, più semplicemente si muore di fame e si generano rivoluzioni.
Ma, anche qui, per ricordarsi della strategicità del cibo non sono bastati né le rivolte del Nord Africa, accese dai rincari alimentari, tantomeno il paradosso di un paese super sviluppato come il Giappone che si trova a fronteggiare una guerra primitiva, quella per l’acqua e il cibo divenuti radioattivi. È bastato, invece, lo spauracchio di un’industria francese che vuole comperarsi la “italianissima” Parmalat per ricordarci ciò che dovevamo già sapere. Questo per dire che un Paese può essere all’avanguardia su tutti i fronti, ma se mancano i terreni agricoli, la modernità e le grandi industrie non servono a nulla, perché mancherà il cibo, il bene primario di ogni essere umano”.