Dibattito su \”Diario\”, questa sera al teatro Filodrammatici di Piacenza

E’ stato organizzato da “Città comune”, per questa sera dalle ore 21, il dibattito aperto sulla rivista “Diario”, che venne pubblicata a Piacenza tra il 1985 ed il 1993. Al teatro Filodrammatici, con la partecipazione dei due curatori della rivista: Piergiorgio Bellocchio e Alfonso Berardinelli, verrà analizzata la forza preveggente di questa pubblicazione, che anticipò molti dei cambiamenti nella società e nella cultura italiana

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“Cittàcomune” propone la presentazione del volume (Quodlibet, 2010)

Diario, Riproduzione fotografica integrale dell’omonima rivista, 1985-1993, di

Piergiorgio Bellocchio e Alfonso Berardinelli.

Ne discutono con i due autori e con i presenti Gianni D’Amo e Matteo Marchesini

Da Quaderni piacentini, rivista collettiva per eccellenza, a Diario, rivista personale: dal noi all’ io. “Opera a puntate” che offre descrizioni insuperate della società italiana nella lunga e inconclusa transizione dalla Prima alla Seconda Repubblica, Diario fu interamente scritta e autogestita, tra il 1985 e il 1993, da Piergiorgio Bellocchio e Alfonso Berardinelli, con la sola compagnia di grandi autori del passato di volta in volta antologizzati (secondo la formula “due vivi e un morto”), e l’ambizione di “purificare il linguaggio della tribù”, per tornare a “essere presi in parola”. Paolo Febbraro, nel recensire la riproduzione fotografica integrale in volume proposta ora dall’editore Quodlibet, si sofferma sulla “prosa naturale, cristallina, inappellabile, che fa di Diario una delle più interessanti riviste del secondo Novecento, uno dei piccoli paradisi che forse abbiamo perduto” (il manifesto,11 novembre 2010).
Solipsismo pessimista? “Nient’affatto”, sostiene oggi Bellocchio, “tra le cause della fine di Diario ci fu anche la constatazione che non lo eravamo stati abbastanza: le cose andarono ancora peggio di quel che avevamo previsto”. Operazione elitaria, rivista impolitica, dismissione di responsabilità? Al contrario: “i due autori concordano nel considerare quegli anni i più liberamente e felicemente produttivi della propria attività letteraria. Scrivendo Diario, ci siamo sentiti politicamente impegnati come mai prima”.