Nuove polemiche sul prezzo del pomodoro

E’ ancora il prezzo del pomodoro al centro delle preoccupazioni dei nostri imprenditori agricoli; purtroppo le posizioni con gli industriali sono ancora troppo distanti per dare certezza al comparto, nonostante sia ormai arrivato il momento della programmazione delle semine.

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“Nei mesi scorsi, sottolinea il presidente di Coldiretti Piacenza Luigi Bisi, abbiamo lavorato in sintonia con le Op e con gli industriali per stabilire una media di costi di produzione, che doveva rappresentare l’importo minimo da cui partire per avviare le trattative. L’importo calcolato tenendo conto di valori minimi, senza considerare situazioni eccezionali, come il maltempo ed altre variabili, è di 6.300 euro ad ettaro, ossia 91 euro a tonnellata, ma purtroppo ciò che ci è stato offerto non si avvicina minimamente a questi valori.”

“Siamo anche disponibili, commenta il responsabile dell’area economica di Coldiretti Piacenza Giovanni Morini, ad affidare ad un ente terzo, (che potrebbe essere Ismea), il compito di asseverare i costi, così come vogliamo tracciare un percorso per far diventare l’accordo meno discrezionale, incominciando a rendere la forbice più stretta con possibilità di aggancio pluriennale; i nostri produttori hanno bisogno di certezze per poter programmare le coltivazioni e gli investimenti. E’ per questo motivo, prosegue Morini, che, se effettivamente gli industriali intendono valorizzare il pomodoro italiano, serve una pianificazione a lungo termine, la quale potrebbe essere favorita da un percorso sinergico, con una base di prezzo modificabile in base ai costi, all’andamento del mercato e ad altre variabili da definire. Come Coldiretti, intendiamo valorizzare anche all’interno della GDO il prodotto italiano e, di conseguenza, gli imprenditori che rispettano le regole: la nostra vittoria sull’etichettatura obbligatoria, costituisce un elemento fondamentale per il raggiungimento di questo obiettivo. Siamo convinti, aggiunge il responsabile economico di Coldiretti, che il consumatore, nel momento in cui avrà la possibilità di conoscere l’origine del prodotto, sceglierà quello italiano, con vantaggi evidenti non solo per il mondo agricolo, ma anche per le strutture di trasformazione. Se però il prezzo del pomodoro continuerà a non coprire i costi di produzione, i nostri imprenditori saranno costretti a scegliere altre coltivazioni”.

“Pensavamo, ribadisce Bisi, che l’intera filiera avesse raggiunto una maturità tale da comprendere che non si può continuare a produrre in “perdita”, ma, evidentemente, qualcuno preferisce proseguire con l’importazione di concentrato di pomodoro dall’estero”.

“I produttori, conclude il Presidente di Coldiretti Piacenza, non possono più sopportare un’annata come quella del 2010, con un prezzo che non copre i costi di produzione; perciò, nell’ipotesi in cui il prezzo sia inferiore ai 91 euro a tonnellata, coerentemente, inviteremo i nostri imprenditori a scegliere altre coltivazioni e comunque a non effettuare ordine di piantine di pomodoro ai vivai. Certo, questo provocherà un danno notevole per l’intera filiera e per la nostra provincia, ma non abbiamo altra scelta. Mi chiedo, però, se vogliamo davvero aspettare che ciò accada o se riusciamo a renderci conto che l’agricoltore ha bisogno della giusta remunerazione per proseguire nella propria attività”.

 

Confagricoltura Piacenza ha convocato una sezione di prodotto per fare il punto sulle trattative in corso per la definizione del prezzo del pomodoro da industria. “E’ un copione già visto  – spiega Fabrizio Portapuglia Presidente della Sezione Pomodoro da Industria di Confagricoltura Piacenza e Presidente della Sezione nazionale di prodotto –  il tempo stringe e la trasformazione temporeggia, ma non vogliamo avere un prezzo a qualunque costo, pur di averlo.  Sappiamo che un parametro giusto ed oggettivo sarebbe il bene di tutta la filiera, invece, chi trasforma vede gli agricoltori come un costo di produzione che come tale ha deciso di ridimensionare”. All’interno della sezione di prodotto ci si interroga su quali possano essere le leve per condurre una trattativa che porti ad un risultato soddisfacente ed equilibrato per tutte le parti in causa. “Lo scorso anno – commenta Michele Lodigiani, Presidente di Confagricoltura Piacenza – oltre al prezzo deludente abbiamo visto la conferma dei parametri qualitativi definiti da tabelle ormai superate e talvolta, addirittura aleatorie.  Sembrava che la trasformazione avesse mostrato la volontà di rimettere mano a quest’aspetto qualche mese fa quando si è iniziato a parlarne all’interno dei tavoli tecnici. Purtroppo, c’è un nulla di fatto, con il rischio che a campagna avviata si concretizzi l’incubo di non veder pagato nemmeno il prezzo pattuito, a causa dei fumosi parametri quali-quantitativi. Credo che se non si addiverrà a soluzioni condivise, quest’anno, ci sia una probabilità piuttosto elevata di incorrere in una drastica riduzione delle superfici.” L’incognita del prezzo, il premio disaccoppiato e quotazioni crescenti di altre produzioni – fa notare Confagricoltura – potrebbero davvero spingere gli agricoltori a riorientare le proprie scelte.  “Occorre una forte azione coordinata da parte di tutte le OP che devono far prevalere l’interesse degli associati sui propri – puntualizza Lodigiani –  e vogliamo che la filiera funzioni; e potrebbe servire anche una riforma delle OP e un loro accorpamento. Più in generale non è più procrastinabile una revisione delle politiche economiche nel senso della competitività delle imprese”.  “Le competenze e l’esperienza dei produttori – spiega Portapuglia – garantiscono il rispetto di rigorosi disciplinari e prodotti di grande qualità. Gli agricoltori non sono, però, disposti a fare continuamente da camera di compensazione per le distorsioni del mercato e non accetteranno proposte che non ripaghino questa professionalità.”