Tre casi di arresto cardiaco a Piacenza salvati dal defibrillatore

Dopo un arresto cardiaco si può riprendere una vita normale, se abbiamo la fortuna di essere raggiunti entro 5 minuti da un defibrillatore. E’ quello che è successo nelle ultime due settimane a tre piacentini che sono ormai fuori pericolo dopo un arresto cardiaco improvviso. Un giovane di 38 anni, un uomo di 68 e una donna di 50. Tutti ormai in dimissione o dimessi da pochi giorni dopo l’impianto di un defibrillatore interno. Questa è la procedura che segue chi ha avuto esperienza di un arresto cardiaco, per prevenire eventuali eventi futuri.

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Tutte e tre le persone non avevano mai avuto problemi cardiaci in passato ed erano in pieno benessere quando sono stati colti dal malore (in due casi sul luogo di lavoro e in un caso a domicilio).

“E’ proprio quello che accade nei 2/3 dei casi, di quei 50.000 casi che ogni anno si verificano in Italia (1 caso ogni nove minuti!). Le persone colpite da arresto cardiaco non sanno di avere un problema (spesso risolvibile) e l’arresto cardiaco è il primo sintomo. La fibrillazione ventricolare è nell’85% dei casi l’aritmia che dà origine all’arresto del battito del cuore e si può trattare con una scarica elettrica del defibrillatore. L’importante è arrivare entro 5 minuti. Per questo l’associazione Il Cuore di Piacenza ONLUS si batte per avere capillarmente i defibrillatori sul territorio, nei luoghi pubblici ma anche sul posto di lavoro.

” In questi casi l’intervento immediato ha salvato le loro vite. Abbiamo voluto con un disegno spiegare perché questi tre casi, come tutti gli altri in questi anni, sono stati fortunati. Il raggio di distanza del defibrillatore era di massimo 5 minuti. In due casi era a soli due minuti di percorso dell’ambulanza, in un caso era nel raggio di tre defibrillatori, il primo a 4 minuti” (figura).

Altri 2 fattori contribuiscono in modo significativo al buon esito dell’intervento: la presenza di un testimone che vede l’accaduto e la chiamata immediata al 118. “In questi anni abbiamo insistito sulla conoscenza di piccoli accorgimenti che possono fare guadagnare tempo: chi si trova davanti ad una persona non cosciente che non respira o che respira male (respiro rumoroso) deve chiamare immediatamente il 118. Sarà il 118 ad inviare immediatamente l’ambulanza, ma anche le pattuglie che sono nei paraggi. Se poi un defibrillatore è già sul posto sarà ancora più probabile arrivare in tempo utile”.

Ne è appunto prova il salvataggio, avvenuto pochi giorni fa, compiuto direttamente dai due volontari della Pubblica Assistenza Croce Bianca, Luigi Scotti e Paolo Sartori. Un sessantottenne, residente nella zona della Galleana, colpito da arresto cardiaco in piena notte, è stato defibrillato nel giro di pochi minuti dall’evento: all’arrivo della chiamata al 118, le infermiere di centrale Monica Merli ed ElianaTripolini, hanno immediatamente attivato il codice blu e inviato, oltre all’automedica, la pattuglia di forze dell’ordine con defibrillatore e l’ambulanza di volontari più vicina. Risultato: defibrillazione da parte dei volontari entro 4 minuti dall’evento e successivo intervento del personale 118 che ha proseguito le cure del paziente con ottimi risultati. Un esempio di perfetta sincronia della defibrillazione territoriale. L’operatore della centrale deve infatti avere la capacità di riconoscere che si tratta di un codice “Blu” e iniziare l’allerta delle forze disponibili. Un lavoro prezioso, delicato e di grande responsabilità che aiuta a salvare una vita.

Gli altri due interventi positivi si sono verificati proprio vicino all’ospedale e sono stati compiuti direttamente dal personale del 118, arrivato per primo sul luogo dell’evento in due minuti. Antonio Solari e Roberto Ferraboschi nel primo caso, Lanfranco Morelli e Davide Rivi, nel secondo.

“Questi tre saranno anche i primi pazienti su cui faremo l’analisi genetica per lo studio del DNA e della predisposizione familiare a sviluppare queste problematiche”. Questo progetto coordinato dalla UO Cardiologia diretta dal dr Giovanni Quinto Villani e sotto la responsabilità della dr.ssa Daniela Aschieri, servirà a creare una strategia di prevenzione familiare nei soggetti a rischio di morte improvvisa che fino ad ora è stata fatta in collaborazione con l’Università di Girona (Barcellona).