Omelia del vescovo mons. Gianni Ambrosio
BATTESIMO DEL SIGNORE – MISSIONE POPOLARE DIOCESANA
(Isaia 42, 1-4.6-7; Atti 10, 34-38; Matteo 3, 13-17)
Carissimi confratelli nel sacerdozio, carissimi fratelli e sorelle,
1. Il Battesimo di Gesù nel fiume Giordano è un avvenimento grande e carico di profondo significato, un’ulteriore manifestazione – epifania – di Gesù che suscita anch’essa sorpresa, stupore e grande gioia.
Gesù si reca al Giordano per ricevere il battesimo da Giovanni Battista che, nella sua predicazione, invita alla conversione e annuncia che “il regno dei cieli è vicino” (Mt 3, 2). Il primo gesto di Gesù sulla scena pubblica non è un gesto di guarigione e neppure di insegnamento, ma di piena solidarietà con gli uomini peccatori. Gesù è “l’agnello di Dio che toglie il peccato del mondo” (Gv 1, 29), “è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto” (Lc 19, 10), fino ad immergersi nelle acque del Giordano, manifestando in questo modo l’amore di Dio che non lascia gli uomini in balìa del peccato e della morte. In Gesù, solidale con l’umanità bisognosa di vita nuova, si mostra il volto del Dio vicino, il volto del Dio che ci fa dono della sua stessa vita.
Così il regno dei cieli si è fatto vicino, anzi è sceso in mezzo a noi, è dentro di noi. Lo sconcerto, anzi lo scandalo, del Battista è grande e netto è il suo rifiuto: “Giovanni voleva impedirglielo, dicendo: io ho bisogno di essere battezzato da te e tu vieni da me?”. Il Battista non comprende quella presenza di Gesù in mezzo ai peccatori che fanno la fila in attesa del battesimo di penitenza: come può essere Messia e Salvatore chi si confonde con coloro che hanno bisogno di conversione? Il Battista allora propone il rovesciamento delle parti: “io ho bisogno di essere battezzato da te”. Ma Gesù risponde: “lascia fare per ora, poiché conviene che adempiamo ogni giustizia”.
La difficile risposta di Gesù si basa sulla parola “giustizia”. Ma nel gesto dell’immersione nell’acqua possiamo subito coglierne il senso. Quel gesto è il segno della disponibilità di Gesù ad essere il servo obbediente di Dio che carica su di sé “le nostre sofferenze e iniquità” (cf Is 53, 4-5). Così annunciava il profeta Isaia e l’evangelista Matteo vede compiersi questo annuncio in Gesù, venuto a prendere su di sé tutto il peccato del mondo per liberare l’uomo e rigenerarlo alla vita nuova. “Io, il Signore, ti ho chiamato per la giustizia, (…), e ti ho stabilito come alleanza” (Is 42, 6): è la missione del servo su cui il Signore “ha posto il suo spirito”. Ma questo servo “non griderà né alzerà il tono, (…) non spezzerà una canna incrinata” (Is 42, 1-2). È lo stile della missione del servo “chiamato per la giustizia” (Is 42, 6). Una missione grande, ma attuata con uno stile umile, povero, debole: “non spegnerà (neppure) uno stoppino dalla fiamma smorta” (Is 42, 3).
2. Quando Gesù risale da quell’acqua, “si aprono i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio scendere come colomba su di lui. Ed ecco una voce dal cielo:”Questi è il Figlio mio, l’amato” (Mt 3, 16-17). Sulle rive del Giordano avviene l’incontro tra il cielo e la terra, tra Dio e gli uomini: l’amore di Dio è più forte del peccato e nella solidarietà di Gesù con il popolo bisognoso di perdono si manifesta la giustizia misericordiosa di Dio. Nella visione dello Spirito che scende su di lui e nella voce del Padre che trova il suo compiacimento e la sua gioia nel Figlio, Gesù è rivelato nella sua identità e confermato nel suo ministero.
Anche noi, insieme all’apostolo Pietro, siamo invitati a renderci conto che Gesù di Nazaret, “consacrato nello Spirito e potenza”, “è il Signore di tutti” (At 10, 34-38). E in Lui, nel Figlio, anche ciascuno di noi diventa, mediante il battesimo, figlio del Padre: quella voce dal cielo è rivolta a ciascuno di noi. In comunione con Gesù che accoglie su di sé lo Spirito Santo, anche su ciascuno di noi scende e dimora lo Spirito Santo. È grazie allo Spirito che possiamo gridare: “Abba, Padre” (cf Rom 8,15).
3. Carissimi fratelli e sorelle, lo scorso anno in questa festa del battesimo di Gesù abbiamo iniziato l’avventura della Missione Popolare fidandoci di Gesù e del suo invito: “Prendi il largo”. Vogliamo oggi ringraziare il Signore perché, pur nella fatica, ci siamo resi conto di essere un popolo in cammino, una Chiesa in pellegrinaggio verso Gerusalemme. Ci sono stati fratelli ed amici che hanno condiviso la speranza del nostro viaggio missionario. Contemplando l’icona della visita di Maria ad Elisabetta, ci siamo presi cura della fede gli uni degli altri, abbiamo gioito condividendo il Vangelo e ravvivato il desiderio di renderlo vivo, attuale, parlante per noi e per i fratelli.
Anche la nostra ripartenza in questo secondo anno può apparire faticosa: i timori non mancano. Ma ascoltiamo con fiducia il nuovo invito di Gesù: “Coraggio, sono io, non abbiate paura!”. Ascoltiamolo come rivolto a ciascuno di noi e all’intera nostra comunità ecclesiale, invitata a ricuperare la sua dignità battesimale, a valorizzare la corresponsabilità, a promuovere vocazioni e ministeri nella comunità. Ed ascoltando l’invito, accogliamo l’esempio di Gesù: seguiamo lui che non ha paura di immergersi nelle acque del Giordano insieme agli uomini bisognosi di senso, di perdono e di amore. Così possiamo scoprire che Lui è la “parola” che dà senso alle nostre parole e alle nostre esperienze umane fondamentali. Così possiamo ascoltare la parola di Dio e la parola dell’uomo, e possiamo invocare insieme, nell’ospitalità e nell’amicizia, la benedizione di Dio che illumina, conforta, rianima, ben sapendo per esperienza che il Vangelo di Gesù abbraccia tutto l’umano e porta a verità i desideri più veri del cuore dell’uomo.
Lasciamoci condurre dallo Spirito. Il suo soffio è libero, i suoi doni sono molteplici e arrivano a noi in forme inaspettate. Ma riconosciamo che lo Spirito Santo ci precede con la sua azione nel cuore degli uomini, in quanto è già presente e operante nelle più diverse esperienze e realtà. Vale la pena di ricordare la felice espressione adottata da alcuni padri della Chiesa per parlare della verità che si manifesta in forme diverse: “semina Verbi”, i semi o i germi di verità del Verbo, riflessi della luce di Cristo “che illumina ogni uomo” (Gv 1, 9). Cerchiamo insieme queste tracce del Verbo che lo Spirito ha già impresso nelle storie e nel cuore degli uomini. Così, seguendo il Signore Gesù, benedetti dal Padre, animati e illuminati dallo Spirito, troviamo nelle esperienze della vita umana l’alfabeto per comporre le parole con le quali dire a noi e al mondo l’amore di Dio e la bellezza di essere suoi figli, battezzati in Cristo Gesù.
4. “Coraggio, sono io. Non abbiate paura”. Iniziamo con questo invito di Gesù e con la consegna della sua e nostra preghiera, il Padre Nostro, il secondo anno della Missione Popolare. Così possiamo sentirci figli amati e possiamo aiutarci a vivere come figli di Dio. Lo Spirito Santo ci assicuri la luce per vedere sempre quel cielo aperto su di noi e su tutti gli uomini e ci doni il coraggio per rispondere alla nostra vocazione di discepoli di Gesù e di missionari del suo Vangelo.
La Vergine Maria, umile serva del Signore, docile alla voce dello Spirito, dolce madre di tutti noi, accolga l’offerta della vostra diaconia, la metta nelle mani del suo Figlio Gesù, perché diventi piena di umile gratuità per rendere al Vangelo il servizio missionario dell’annuncio gioioso. Amen.
+ Gianni Ambrosio
Vescovo di Piacenza-Bobbio