Presentazione del primo “Laboratorio teatrale di sperimentazione espressiva attraverso le emozioni” con persone affette da sclerosi multipla e gravemente disabili:
– Si tratta di un percorso artistico guidato che ha come fulcro la manifestazione teatralizzata delle emozioni, anche più profonde, attraverso l’ascolto di sé; tale ascolto sarà mediato dall’utilizzo della musica, pensata come livello di manifestazione diretto, inconsapevole, involontario ed immediato delle emozioni, soprattutto di quelle che non vogliamo far riaffiorare in superficie e che preferiamo nascondere.
– Il programma del laboratorio prevede due diverse fasi di applicazione metodologica: il ricorso al “playback theatre” e al “gruppo d’aiuto”. In entrambi i casi, il punto di arrivo è la raccolta di narrazioni e di testimonianze e, quindi, ciò significa che tutte le persone coinvolte dal laboratorio dovranno partecipare con il loro racconto, la loro discussione, la loro osservazione. Si comincerà con l’intervista guidata sui vissuti, sugli episodi piacevoli e non del passato e del presente, sulle situazioni collettive che accomunano le diverse “storie di vita”, stando attenti a non toccare troppo profondamente argomenti dolorosi.
– Dopo questa prima raccolta di storie, il gruppo (Marco, Mara, Marina, Lorenzo, Andrea) compie una selezione dei racconti. A turno i narratori scelgono gli “attori”, ossia i membri del gruppo, per rappresentare la loro storia che, in questa fase, comincia ad avere una forma e una coerenza artistica. Quello che si crea è uno spazio rituale nel quale ogni storia, sia essa ordinaria o straordinaria, nascosta o difficile, può essere narrata, inscenata e musicata, ossia immediatamente trasformata in “teatro”. Uno spazio dove l’unicità di ogni persona è affermata e onorata mentre si costruiscono e si intensificano le connessioni tra le persone rafforzando lo spirito comunitario. L’importanza del narrarsi e dell’autobiografia è infatti un metodo che dà senso alla propria vita, la riordina, anche verso le circostanze più difficili e più oppressive, la fa connettere con le vite altrui.
– Obiettivo di questo percorso di “storie di SM” è far conoscere e vivere in modo diverso, per una sera, la condizione di un malato di sclerosi multipla. Fondamentale, infatti, sarà il riuscire a far riconoscere gli spettatori nelle storie raccontate perché analoghe alla propria vita, tenendo così un’attenzione di gran lunga superiore sulla malattia e le sue conseguenze rispetto a una abituale presentazione medico-scientifica. La musica, i ricordi di libri, film, avvenimenti storici daranno forma e immagine riconoscibile alla rappresentazione di vissuti, alle immagini interiori. Tutto questo, salute permettendo, perché di persone affette da una grave patologia si parla, confluirà in uno spettacolo finale aperto al pubblico, sempre guidato, come il percorso laboratoriale, da Alessandro Vallacchi.
– E sarà proprio Vallacchi ad occuparsi del montaggio e della rielaborazione scenico-poetica di queste esperienze. Lo spettacolo prenderà le mosse da un tema chiave: “C’era una volta… e c’è ancora” che farà da filo conduttore alle apparentemente disorganiche composizioni e manifestazioni espressive del laboratorio. Il successo di questo metodo si avrà dopo la costruzione di una relazione speciale basata sulla fiducia, all’interno della quale nessuno dovrà avere paura di esplorare i propri limiti, come le proprie possibilità. Tale sperimentazione si alimenterà di un percorso espressivo globale che non trascurerà nessun elemento della “comunicazione”. Basi imprescindibili del progetto: l’ascolto, la libera manifestazione emotiva, l’esplorazione del movimento e del gesto praticati, o quotidiani, il racconto. Conclusione: il montaggio delle esperienze in una cornice rappresentativa e linguistica che si colloca verso una messa in scena aperta, libera da codici, barriere, limiti, inutili formalismi.
– Ricordo che, un modo di procedere come questo, con persone con forti problemi di salute, non può prevedere la definizione di una data precisa – il periodo comunque è fissato tra marzo e aprile e lo spazio è quello offerto dalla Galleria Rosso Tiziano -; quello che conta in questo percorso laboratoriale, infatti, è la creazione di uno spazio di supporto, pensato in modo da affrontare la complessità della malattia, dove l’unicità di ogni persona è affermata e onorata mentre si costruiscono e si intensificano le connessioni tra le persone. L’importanza del narrarsi e dell’autobiografia, mentre si rafforza lo spirito comunitario, va pensato come una modalità d’intervento sul vissuto. Un vissuto che deve raggiungere nuovi traguardi e spazi di senso, e che talvolta va riprogettato, in vista delle circostanze più difficili e più oppressive che caratterizzano la SM.
– Non stiamo preparando uno spettacolo per piacere alla gente, o per il piacere di intrattenerli. Stiamo organizzando un momento di testimonianza che parte da un percorso di messa in discussione e di consapevolezza che richiede tempi diversi e non sempre prevedibili. Del resto, quello che conta di più, è il lavoro con i malati e le emozione e le testimonianze che sono in grado di regalarci.