Coldiretti: soddisfatti per il via libera alla caccia dei caprioli e daini

“Siamo soddisfatti della decisione dell’assessore all’agricoltura Filippo Pozzi relativa al via libera alla caccia selettiva di caprioli e daini, cosi come già avviene in altre province dell’Emilia-Romagna, perché questa posizione è il riconoscimento dell’esistenza reale di un grave problema per tutta la collina e montagna e di un deciso approccio dell’amministrazione provinciale, verso tematiche ambientali legate all’agricoltura e alla società”. Questo il commento positivo del presidente di Coldiretti Piacenza Luigi Bisi, rispetto alla disposizione della Provincia. E’ opportuno ricordare che la maggior Organizzazione agricola piacentina aveva lanciato diversi mesi fa l’allarme, proponendo addirittura una petizione popolare affinché le istituzioni provinciali e regionali si “facessero carico” al più presto di questo problema. Petizione che ha portato alla raccolta sulla nostra provincia di oltre diecimila firme.

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La presenza di selvatici, in particolare di cinghiali e ungulati, che dal censimento evidenzia una densità che va da 16 a 30 animali per km quadrato, mette a rischio, non solo il lavoro delle imprese agricole che si vedono distrutti i raccolti con milioni di euro di danni, ma altresì l’incolumità delle persone in quanto, sovente, sono coinvolte in incidenti stradali.

“Per chi opera nelle aree montane e svantaggiate, commenta Adriano Fortinelli, responsabile del settore caccia di Coldiretti Piacenza, è davvero a rischio la possibilità di poter proseguire l’attività agricola, ma anche di circolare sulle strade o nelle vicinanze dei centri abitati. Per citare esempi concreti: le colture maggiormente danneggiate sono vigneti, frutteti, ortaggi, erba medica e prati polifiti, ma anche cereali, in particolare il mais; ma non bisogna dimenticare, per tornare al pericolo per l’ambiente, che i caprioli mangiano anche i germogli del sottobosco, ossia le matricine, lasciate appositamente dopo il taglio della legna affinchè il bosco si rinnovi, che generano le nuove piante. In sostanza senza i germogli la nuova pianta non crescerà, con il conseguente diradamento del bosco su un territorio che in larga parte è a rischio idrogeologico.”

E’ urgente definire, in sinergia con tutti gli attori del territorio, amministrazione provinciale, Atc ed enti preposti le rinnovate basi normative per fronteggiare la situazione, in particolare il controllo della densità, la prevenzione del rischio e l’adozione di misure necessarie a ricondurre cinghiali, ungulati e in generale le popolazioni selvatiche entro livelli compatibili con la normale conduzione dell’attività agricola e forestale.

“Vorrei ricordare, chiarisce il presidente di sezione Coldiretti di Bobbio Giafusti Domenico, che senza agricoltori non ci sarebbe ambiente; noi siamo i primi a tutelare e presidiare il territorio, ma la situazione è diventata ormai paradossale, perché se è vero che mantenere sul territorio un numero di animali adeguatamente sostenibile è interesse di tutta la collettività, è altrettanto certo che il loro sostentamento pesa oggi solo sulle aziende agricole che ne subiscono i danni in termini di colture distrutte e di redditi azzerati.”

Nel frattempo, a sottolineare la grande attenzione di Coldiretti per queste impellenti problematiche, i tecnici di Coldiretti Piacenza, Fabio Perino e Andrea Poggi, dopo aver partecipato ad un corso di formazione, hanno conseguito la qualifica di “tecnico nella programmazione degli interventi faunistico-ambientali” al fine di operare in questo settore. Sono pertanto disponibili a collaborare con la Provincia, con gli ATC e con gli enti competenti, all’organizzazione dei piani faunistici venatori, censimenti, piani di abbattimento, prevenzione e valutazione dei danni alle coltivazioni agricole, portando in tal modo ai tavoli decisionali provinciali, le istanze delle aziende agricole, perché attualmente le stime dei danni causati all’agricoltura da parte della fauna selvatica, non rispecchiano quello che è la superficie agricola danneggiata, relativamente alla produzione per ettaro e la percentuale di prodotto rovinato e presentano tempistiche troppo lunghe per l’erogazione degli indennizzi.

“Siamo naturalmente aperti, conclude Bisi, a collaborare con coloro che si ergono a difensori degli animali selvatici, ma ci chiediamo se loro sarebbero disposti a vedersi distrutto il frutto del loro lavoro, senza peraltro poter fare nulla. Se intendiamo organizzare delle filiere agricole di produzioni locali, si deve necessariamente lavorare con etica, trasparenza, senso di responsabilità e con forte concretezza, in sinergia con le amministrazione responsabili sul territorio e con tutti gli enti competenti.”