La mobilitazione di Confagricoltura e le richieste sul latte

Una numerosa delegazione di Confagricoltura Piacenza ha partecipato giovedì sera a Cremona alla manifestazione nazionale di protesta indetta nei giorni scorsi. Decine di migliaia agricoltori di tutte le regioni del Nord Italia hanno affollato un intero padiglione della Fiera. Centinaia i trattori all’esterno del quartiere fieristico. Il settore agricolo – rileva l’associazione – non deve essere posto ai margini della manovra economica né tantomeno penalizzato. “Troviamo politicamente inaccettabile – ha sottolineato il Presidente nazionale Federico Vecchioni, presente alla manifestazione – che non si trovino i soldi per il Fondo di solidarietà, per il lavoro e per il settore bieticolo e poi, come per magia, spuntino le risorse per il latte”. Infatti, come ha ricordato Michele Lodigiani Presidente di Confagricoltura Piacenza “la goccia che ha fatto traboccare il vaso, e che ha indotto la nostra organizzazione a scendere ancora una volta in piazza, è l’introduzione nel testo della manovra economica dell’emendamento che sospende il pagamento delle multe latte: una vergogna che costerà al nostro Paese una procedura di infrazione da parte della UE e nuove spese per la collettività che si aggiungeranno a quelle, già miliardarie, che il Paese ha sostenuto. A non essere in regola sono circa un centinaio di aziende, che sarebbero beneficiate dalla manovra ottenendo per l’ennesima volta la proroga dei termini di pagamento delle multe, mentre chi si è messo in regola è beffeggiato dallo Stato”. “O accettiamo i richiami alle regole oppure sotto il profilo politico – ha detto Vecchioni – rischiamo di essere impresentabili all’UE, come ha detto Galan”. Confagricoltura ha riaffermato, infatti, anche in occasione della manifestazione, il pieno sostegno alle scelte ferme e coerenti del ministro. Secondo Confagricoltura nella manovra economica mancano le risposte al settore agricolo: “Quando si fanno misure di incentivo all’economia e si parla anche di sostegno per le Pmi – ha sottolineato Vecchioni – ci devono essere anche le Pmi agricole. Lo abbiamo detto per le misure specifiche del settore ma lo diciamo anche per la cassa integrazione in deroga, per la Tremonti ter, per tutte le misure che riguardano l’economia”. Il pressing è ad ampio spettro: riduzione del costo del lavoro, mantenimento delle agevolazioni per il gasolio utilizzato nelle serre, fiscalizzazione stabile degli oneri sociali per le imprese delle zone svantaggiate. Sul tema bioenergie il sindacato rivendica una logica sistemica chiara che risolva la questione dei certificati verdi. Preoccupazione anche per il mancato sostegno promesso al settore bieticolo saccarifero previsto dalla legge 81/2006. In platea diverse delegazioni politiche hanno portato solidarietà e sostegno alle posizioni del “popolo degli onesti”. “Non ne possiamo più di star qui a vivere di proroghe che ci portano in piazza ogni sei mesi a pietire ciò che ci è dovuto. – ha detto Guglielmo Garagnani Presidente di Confagricoltura Emilia Romagna – questa, rappresentata in sala, è l’agricoltura italiana, pretendiamo che l’agricoltura faccia parte del sistema economico e non che si parli d’agricoltura solo per eventi che portano sui giornali qualche volta in più. L’agricoltura non è rappresentata dal club dei gastronomi. Siamo qui, questa sera, composti come solo gli onesti sanno fare, ma è l’ultima volta!”. Noi non siamo contro la manovra – ha posto l’accento Confagricoltura Piacenza – ma per far sì che il settore agricolo entri nell’agenda delle priorità delle politiche economiche di questo Governo. “Se sarà necessario – ha concluso Vecchioni – saliremo sui trattori e andremo sino a Montecitorio, faremo quello che sono stati costretti a fare anche i colleghi francesi, a volte, purtroppo, è necessario alzare la voce e noi siamo pronti a farlo”.

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LATTE: VALORIZZARE LA PRODUZIONE PER IL BENE DELLA FILIERA

Confagricoltura non si arrende e si organizza: da Cremona parte la rivolta degli agricoltori onesti che assedieranno Montecitorio il 28 luglio e il 26, lunedì prossimo, picchetteranno anche i cancelli di Assolatte in Lombardia. Il tavolo sulla trattativa per il prezzo le latte in Lombardia, infatti, non frutta nulla di buono e la produzione è più che determinata a non incassare passivamente. La mobilitazione in corso pone l’accento sull’emendamento salva multe che permetterebbe agli splafonatori di farla ancora franca, addossando gli oneri all’intero paese e facendosi beffa dei produttori onesti che si sono indebitati per comprare le quote, ma questa non è, purtroppo, l’unica preoccupazione che tormenta il sonno degli allevatori. Sembra, infatti, impossibile raggiungere un accordo ragionevole sul prezzo del latte in Lombardia, che tradizionalmente fa da riferimento per l’intero comparto, con la trasformazione arroccata su proposte insostenibili. “L’industria lattiero casearia – spiega Luigi Sidoli Direttore di Confagricoltura Piacenza – in questo momento beneficia di una favorevole congiuntura di mercato, è ben consapevole che il made in Italy si difende valorizzando la produzione di latte nazionale, e cioè arrestando l’impressionante tendenza alla chiusura di allevamenti. Continua, invece, a far riferimento allo spettro di un aumento dei prezzi al consumo qualora fosse riconosciuto alla produzione l’adeguato valore. Quando ciò avverrà (veramente) per colpa delle materie prime agricole significherà che avremo risolto il problema dell’incidenza irrisoria del loro costo su quello praticato sullo scaffale. E’ inoltre impensabile – continua Sidoli – pensare che gli agricoltori possano continuare a produrre al di sotto dei costi di produzione anche quando le condizioni potrebbero permettere, finalmente, la sopravvivenza (non la redditività) dell’azienda. Il latte spot nazionale è quotato oltre i 40 centesimi il litro, il grana padano, cui è destinato il 90% del latte lombardo e del bacino piacentino, evidenzia aumenti a due cifre rispetto alle quotazioni di un anno fa”. L’industria lattiero casearia non sembra voler condividere con i produttori la possibilità di rilanciare il comparto – commenta l’Associazione degli imprenditori agricoli – e sembra volersi impegnare di più a deprimere l’offerta che ad individuare strategie comuni per una maggior valorizzazione delle produzioni. Con queste posizioni la trasformazione si addossa la responsabilità di portare gli allevatori alla bancarotta.