Love will tear us apart: personale fotografica di Nikka Dimroci

Nikka Dimroci è nata a Piacenza nel 1981. Dopo la laurea in DAMS Arte a
Bologna ha proseguito gli studi con un master di primo livello e un
corso come photoeditor a Milano. Dal 2008 si occupa di fotografia,
spaziando dai ritratti alla fotografia sportiva.  Lavora come free
lance per riviste di sport e moda.  Dal 2008 ha iniziato ad esporre i
propri scatti  a Milano, Roma, Piacenza, Parma, Reggio Emilia e New
York (www.nikkadimroci.com)
"Nasce come tributo alla canzone dei Joy Division, ma è anche una resa fotografica dello spaccato della società odierna o quello che riesco a percepirne. Una società che si basa sull’apparenza, sul sesso, sul denaro e mira sempre di più alla perdita di ciò che sono i veri valori. Tutto è frenetico, veloce e tutto viene vissuto in modo egoistico, una volta finito il sesso finisce tutto. Non vi sono sentimenti o meglio non vengono vissuti. Quindi una serie di scatti a contenuto erotico ma con un retroscena malinconico.. Non c’è più amore.. quello che rimane è solo erotismo e un senso di solitudine per ciò che sarà il futuro. In una società dove ciò che importa è l’apparire e non l’essere prendono il sopravvento maschere e orpelli per nasconderci da ciò che siamo .. e non farci conoscere per quello che davvero siamo. Tutto diviene allora finzione, una messa in scena della nostra vita, come in un brutto film i personaggi diventano le caricature di se stessi in una triste ballata che ha il titolo di Love will tears apart."  (Nikka Dimroci)Nikka Dimroci titola il suo progetto Love Will Tear Us Apart, come tributo all’immortale brano dei Joy Division. Ed è già un incipit carico di promesse. Un gruppo musicale post-punk attivo alla fine degli anni Settanta che deriva il proprio nome dalle prigioniere nei lager destinate all’intrattenimento sessuale degli ufficiali nazisti.  Un brano che è il racconto desolante di un rapporto d’amore che va alla deriva, con ritmi gelidi e martellanti, che rimbombano tristemente nel vuoto, in un’atmosfera rarefatta, opprimente e disincantata. La copertina del disco, infine, dalla grafica elegante e minimalista: una cornice a filetto, il titolo, la fotografia di un monumento funebre scattata da Bernard Pierre Wolff al Cimitero di Staglieno a Genova. E’ un angelo disteso, colto in diagonale, in cui la bellezza formale di certa statuaria simbolista, algida e voluttuosa ad un tempo, dà corpo al dialogo ambiguo tra Amore e Morte. Nikka Dimroci parte da qui, da tutti questi elementi, e traccia un percorso visivo in bilico tra citazione e rielaborazione, convenzione e provocazione, malinconia e ironia. Riflette sul sesso esibito e consumato senza sentimenti, sulla mercificazione dei corpi, sull’apparenza, la finzione e il denaro come simboli deteriori della società contemporanea e restituisce con ossessione un campionario di tipi umani omologati dal cerimoniale erotico e destinati alla solitudine. "Come in un brutto film, i personaggi diventano caricature di se stessi", dice la fotografa. Nikka Dimroci si inserisce nella corrente della "fotografia messa in scena" o "fotografia allestita", un tipo di fotografia che si afferma a partire dagli anni Ottanta e che rifiuta la ripresa diretta e spontanea della realtà preferendo la costruzione di scene con personaggi, ambienti, trucchi e costumi. "Théatres des réalitées" è significativamente il titolo della mostra che ne decreta l’affermazione in Europa; i suoi esponenti di rilievo sono Cindy Sherman, Philip Lorca diCorcia, Yasumasa Moritura, David La Chapelle, Pierre et Gilles, o ancora Erwin Olaf e Bettina Rheims.  Nikka Dimroci, nel suo Love Will Tear Us Apart, allestisce i set preferibilmente sul "già accaduto", quando si spengono i riflettori e i corpi rimangono a brandelli nell’incubo notturno, con il senso di vuoto e di solitudine, l’amaro in bocca, il trucco sfatto, le calze rotte, il bicchiere vuoto, i corpi abbandonati su un palcoscenico lugubre e decadente a recitare l’ultima scena, smangiati dalle ombre e inchiodati senza scampo contro un fondale rigido, muro o pavimento che sia. L’elemento unificante di tutto il lavoro è la scelta di una luce netta, che drammatizza la scena e rafforza la posa: la naturalità è definitivamente svanita, sembra essere il messaggio.Il linguaggio di Nikka Dimroci, in maniera molto più marcata e compiaciuta che nei precedenti lavori, attinge per paradosso al repertorio stilistico della fotografia glamour e di moda: il corpo femminile come icona e performance, l’interazione dei corpi con oggetti-simbolo, l’utilizzo di colori saturi e patinati, l’impiego sapiente e contrastato delle luci, la restituzione tattile e sensuale di tutti materiali, dalle epidermidi ai broccati. (Gabriella Guerci)

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