Dal prossimo anno scolastico, il Ministro Gelmini prevede il tetto del 30% di studenti stranieri nelle classi. Come avviene per tutte le manovre legate alla scuola, il Governo si preoccupa solo di diramare norme, lasciando la patata bollente in capo a scuole ed enti locali. Certo, il mandato governativo è chiaro: togliere alcuni alunni dalle classi in cui ci sono molti iscritti stranieri e mandarli altrove. Si concentra tutta l’attenzione, in modo demagogico e populistico, sugli stranieri, e non si guarda la situazione nel suo complesso. Prendiamo l’esempio di Piacenza, una realtà che conosciamo bene. Tra le scuole della nostra città, alcune contano, tra i propri iscritti "di circondario", una rilevante percentuale di stranieri (comprendente coloro che non hanno cittadinanza italiana ma sono nati nel nostro Paese), accanto, comunque, a una più che significativa presenza di alunni italiani. E’ il caso di istituti come l’Alberoni (39%) e il Taverna (43%), dove tali quote aumentano al momento delle iscrizioni, tant’è che in quest’ultima scuola, nel 2009, la prima classe ha registrato unicamente bambini stranieri. Sulla base di questo esempio, proviamo a ragionare in un’ottica diversa da quella ministeriale: sarebbe inutile trasferire metà degli studenti stranieri dalla elementare Taverna in un altro istituto, dal momento che la quota del 100% nella classe prima resterebbe invariata, ma basterebbe, per risolvere la questione, che anche i bambini italiani residenti nel quartiere venissero iscritti lì.Conosco bene i dirigenti scolastici di questi istituti e so per certo che tutti hanno predisposto un’offerta formativa eccellente. Eppure, sebbene non vi siano ragioni di merito, la situazione è chiara: i ragazzi stranieri frequentano la scuola della zona in cui vivono, mentre gli italiani "migrano". Ecco, allora, che si pongono due interrogativi essenziali:- innanzitutto, l’obbligo di stradario non esiste più in quanto si è affermata, per legge, la possibilità di libera iscrizione alla scuola che si desidera. Ciò significa che non si possono obbligare gli italiani a frequentare la scuola di riferimento del proprio quartiere, se non lo desiderano; di converso, se in democrazia vige un fondamentale principio di uguaglianza, come possiamo obbligare uno studente straniero a trasferirsi in una scuola che non vorrebbe frequentare?- se un bambino si deve spostare da una zona all’altra, chi lo accompagna? Credo che le famiglie abbiano il diritto di chiedere un sostegno per il disagio; chi stanzierebbe i fondi necessari? Come assessore, spero vivamente che questo costo non gravi ulteriormente sui Comuni: dal momento che si tratta di una decisione ministeriale, il Governo ha predisposto le risorse per assicurare i trasporti?Credo sia basilare affrontare il tema in maniera costruttiva. Forse non occorrono decreti né circolari del Ministero, ma basterebbe un po’ di buon senso e di fattiva collaborazione tra tutti gli attori cui compete l’organizzazione del sistema scolastico sul territorio, ovvero l’Ufficio scolastico provinciale (Usp), i dirigenti scolastici e l’Amministrazione comunale. Senza dimenticare i genitori, che informandosi sui Piani di offerta formativa scoprirebbero che tutte le scuole di Piacenza propongono, fortunatamente, un livello qualitativamente alto. E che iscrivere i propri figli alla scuola più vicina consente di rafforzare i legami amicali e di vicinato, oltre a limitare il traffico cittadino. A questo proposito, la mia proposta si articola su tre punti:1. il Comune, unitamente all’Usp e alle scuole, predisponga uno stradario ben costruito, tenendo presente la ricettività di ciascun istituto, per definire la scuola di riferimento per ogni alunno. 2. i dirigenti scolastici prepararino un modulo di iscrizione omogeneo, che dovrebbe essere inviato contemporaneamente, da tutte le scuole, unicamente agli alunni di stradario, specificando che, in quanto residenti, solo loro avranno la certezza di essere iscritti in quell’istituto, mentre le iscrizioni di altri alunni verrebbero raccolte successivamente, previa la definizione, da parte dell’Usp, degli organici degli insegnanti; 3. l’Usp dovrebbe assegnare prioritariamente gli insegnanti in base al numero degli alunni previsti dallo stradario, per poi allargare in seguito, eventualmente, la disponibilità anche ad altre iscrizioni. Penso che questi piccoli accorgimenti metterebbero al riparo non solo dalle polemiche susseguitesi in questi anni, rispetto alle scuole ritenute "ghetto" e agli istituti definiti, "d’élite", ma anche dalle politiche strumentali, semplicistiche e demagogiche che il Ministro Gelmini sta mettendo in atto, forse assecondando l’orientamento di un partito come la Lega, che dell’esclusione e della discriminazione, anche nel mondo della scuola, fa da troppo tempo la sua bandiera.