Si appella alla speranza l’omelia del Vescovo di Piacenza Mons. Ambrosio. E

MARIA SS.ma MADRE DI DIO e Te Deum   Numeri 6, 22-27; Galati 4, 4-7; Luca 2, 16-21)Carissimi fratelli, carissime sorelle, "Dio abbia pietà di noi e ci benedica, su di noi faccia splendere il suo volto": con le parole che il salmo ci suggerisce, lodiamo e ringraziamo Dio, invochiamo la sua misericordia e la sua benedizione, affidiamo a Lui la nostra vita perché sia liberata da ogni oscurità e sia illuminata dalla luce del suo volto.  La liturgia della Chiesa ci invita a terminare l’anno rivolgendoci al Signore innanzi tutto per ringraziarlo. In particolare lo ringraziamo questa sera con l’antico inno del Te Deum, che canteremo al termine delle celebrazione. E ci rivolgiamo al Signore per invocare la sua benedizione, come faremo in particolare domani, primo giorno dell’anno nuovo. Ma si tratta comunque della stessa preghiera suggerita da questa fondamentale convinzione: siamo nelle mani piene di misericordia del Signore. E’ questo il senso del nostro rendere grazie a Dio. Il Te Deum – noi ti lodiamo, Dio, ti proclamiamo Signore, soccorri i tuoi figli, tu sei la nostra speranza –  è il frutto di una sapienza che viene da lontano. Viene dalla lunga e grande tradizione biblica, viene dalla vita di fede, di preghiera, di riflessione  di  molte generazioni di cristiani: pensiamo solo alle generazioni che sono passate qui in questa cattedrale nel corso dei secoli. Noi siamo qui per condividere questa sapienza biblica e cristiana che ha ispirato e sostenuto il cammino di queste innumerevoli generazioni. Allora, se incombe – come incombe sempre, su tutti – la tentazione di ritenerci padroni della vita e della storia, la sapienza cristiana ci sospinge a ricordare il Signore veglia su di noi e ci custodisce. Se poi incombe anche su di noi la tentazione di vivere con una visione atea della vita, come se Dio non ci fosse, la sapienza cristiana ci ricorda che anche il tempo è dono di Dio, poiché da Dio veniamo e a Dio andiamo. Negare, ignorare, trascurare questa verità, significa perdere il senso della vita, significa rendere inquieto il nostro cuore e vuoto il nostro desiderio. Perché  la nostra vita è segnata dal desiderio di Dio. Perché il nostro cuore è il cuore di un figlio che pulsa riconoscendo il volto del Padre. San Paolo nella seconda lettura lo ricorda con parole molto belle e consolanti: "E che voi siete figli lo prova il fatto che Dio mandò nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio, il quale grida: Abbà! Padre!".  Così, concludendo l’anno nella lode e nel ringraziamento del Signore, ricordiamo che il tempo è dono di Dio e che  ogni anno è storia di salvezza. Ricordiamo anche che in Dio termina l’ultima ora del tempo e della storia, e anche l’ultima ora di ciascuno di noi. La nostra esistenza personale e quella del mondo intero sono incamminate verso quella pienezza della vita che è la comunione nel mistero di Dio. Ancora san Paolo, sempre nella lettura proclamata, ci ricorda che proprio perché siamo figli, "siamo anche eredi per grazia di Dio": destinati dunque a far parte della vita stessa di Dio.   Allora questa sera vogliamo portare a Dio, attraverso il Figlio suo mandato a noi "perché ricevessimo l’adozione a figli", tutta la nostra esistenza e quella del mondo: a Lui  vogliamo affidare il mondo intero. Riponiamo nelle sue mani le tante tragedie di questo nostro mondo, le grandi difficoltà di molti nostri fratelli e di molte nostre sorelle, le sofferenze di interi popoli travolti dalla crisi di fiducia, di speranza, di futuro. Riponiamo nelle sue mani anche tutte le speranze per un mondo nuovo, tutte le aspirazioni per una vita più giusta, più civile, più educata, più piena di slancio per il futuro.Riponiamo nelle sue mani anche il nostro Paese e la nostra città, perché possiamo affrontare, con il dialogo e con la saggezza, i problemi e le difficoltà. Dobbiamo rendere grazie a Dio per le molte possibilità e per le tante risorse, ma dobbiamo anche invocare la forza per vincere quella crisi spirituale e relazionale che spinge a rinchiudersi nel particolare e porta a vedere solo i propri interessi. Riponiamo nelle sue mani la nostra Chiesa di Piacenza-Bobbio. Come i pastori che andarono senza indugio e trovarono il bambino, con Maria e Giuseppe, così anche la nostra Chiesa sappia prontamente andare per trovare Lui, il Signore, e sappia trasmettere la gioia di questo incontro con Lui a tutti gli uomini. Così hanno fatto i pastori. Essi, dice il brano del Vangelo, "riferirono ciò che del bambino era stato detto loro" e poi, "se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto". Soprattutto la nostra Chiesa sappia contemplare e imitare la Vergine Maria che "custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore", diventando così modello di quella ‘sapienza’ biblica e cristiana che ci invita a lodare e a ringraziare: sia Lei il modello della nostra Chiesa che desidera ascoltare e meditare la parola di Dio e riso conoscere negli avvenimenti della vita la presenza di Dio e il suo amore per noi. Maria Santissima, Madre di Dio, su cui è discesa in modo unico e sovrabbondante la grazia di Dio, ottenga per noi e per tutti gli uomini il dono della benedizione di Dio: su di noi, sull’umanità intera, il Signore faccia splendere il suo volto Amen.                                                                                             Gianni Ambrosio                                                                                      Vescovo di Piacenza-Bobbio 

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