Sono arrivato. Il "tempo delle responsabilità" e’ iniziato. Non faccioneppure in tempo a guardarmi attorno che la realtà appare chiara edevidente davanti ai miei occhi. Gerusalemme è divisa e un grande muro lataglia in due. Sono partito con il desiderio e l’impegno di osservare consguardo e spirito liberi, faccio il possibile ma è davvero difficile. Il contesto, almeno quello che che ho potuto osservare nei primi due giorni,testimonia il contrario.Non c’è spartizione equa della terra e delle risorse. Sono inCisgiordania, attraverso prima Gerusalemme, arrivo a Betlemme, e oggi tuttoil giorno lo passo ad Hebron. E’ il viaggio della pace e delleresponsabilità e avrò modo di parlare anche con i referenti dellacomunità ebraica, ma adesso sono in territorio palestinese. Dicopalestinese, anche se in Cisgiordania ci sono molte comunità ebraiche (i coloni), ci sono muri che prendono vie diverse dal confine iniziale, strade che la percorrono e che non possono essere essere utilizzate dai palestinesi erappresentano un’altra barriera. E poi posti di blocco e sbarre dasuperare.La vecchia citta’ di Hebron e’ circondata da 110 check point e proprio nelcentro vive una colonia di 400 cittadini ebrei. Il filo spinato e e le stradebloccate circondano le case e a loro difesa sono schierati più di millesoldati israeliani che controllano chiunque voglia entrare. Cosi anche noi(il nostro gruppo è formato da 40 persone) passiamo attraverso sbarre emetal detector. La differenza è abissale: tanto è animata la partepalestinese, tanto è deserta la parte ebraica, così da essere soprannominatala città fantasma. Percorrendo i vicoli osservo, sopra la mia testa, retimetalliche coperte da pietre e rifiuti: mi dicono che ai piani alti vivonoi residenti ebrei, mentre sotto stanno i palestinesi, e le reti servono perproteggere dalle cose lanciate dall’alto. In effetti, quelle pietrepotrebbero tranquillamente sfondare la testa di un passante. Hebron rappresenta, per i credenti delle religioni monoteiste, un luogofondamentale e sacro; qui, infatti, ci sono le tombe dei padri. L’emozione ègrande, ma altrettanto lo è la delusione. Anche la tomba di Abramo è letteralmente divisa in due. Si trova infatti al centro, con la moschea da un lato e la sinagoga dall’altro, e un vetro blindato che la taglia nel mezzo,divedendo le parti. Altra tappa di questa giornata è il campo profughi diAl-Fawwar. Sorti più di 40 anni fa, questi accampamenti dovevano essere temporanei, ma esistono ancora oggi. Luce, acqua sono ad intermittenza, e i servizi essenziali sono davvero scarsi.Oggi gli occhi e il cuore mi guidano verso la solidarietàcon il popolo palestinese, un popolo raccolto in una terra a lui destinata,ma ampiamente saccheggiata e divisa. Se l’identità di un popolo, oltre chedalle tradizioni e dalla storia, passa attraverso il concetto di Stato esovranità, quello che ho visto oggi mi fa dire che al popolo palestinesequesta identità è negata quotidianamente. Ma questo e’ un viaggio lungo. Domani saremo in territorio israeliano, ad Haifa: ascolterò altre persone e vedrò altri volti, e questi sono tutti i volti per i quali i Governi europei devono impegnarsi per costruire la pace. Non fosse altro che per opportunità, perchè l’Europa non veda scagliate su di sé leripercussioni di questa guerra che sembra eterna.Giovanni CastagnettiAssessore al Futuro del Comune di Piacenza