Contemporaneamente al presidio in atto presso il valico del Brennero, che domani 22 luglio sarà raggiunto da oltre trecento piacentini con sei pullman, un nuovo blitz porta altri imprenditori agricoli dell’Emilia Romagna al porto di Ravenna con la presenza di ulteriori duecento produttori di Piacenza che si mobiliteranno in un altro dei santuari dell’import di prodotti agroalimentari. Da domani mattina alle 10 duemila produttori agricoli occuperanno la darsena del principale porto italiano per il transito di prodotti agricoli e alimentari esteri. La "operazione verità" alle frontiere ha l’obiettivo di portare i dirigenti di Coldiretti, ad un incontro con l’Autorità portuale e l’Agenzia delle Dogane. Agli interlocutori, Coldiretti presenterà il documento con le proposte per difendere il made in Italy, dai campi fino allo scaffale dei supermercati, attraverso l’etichettatura obbligatoria dell’origine dei prodotti agricoli utilizzati negli alimenti.Sapere cosa arriva e dove va a finire – commenta Coldiretti – è un fattore importante per riuscire a ridare trasparenza a ciò che mangiamo, evitando che prodotto indistinto, importato dall’estero finisca con il trasformarsi in prodotto italiano.Al porto di Ravenna – ricorda Coldiretti – arrivano ogni anno 800.000 tonnellate di prodotti agricoli, in prevalenza cereali e granaglie, e 1.800.000 tonnellate di prodotti alimentari, dalla farine ad altri trasformati. Si tratta di alimenti destinati alla trasformazione che sin dal loro arrivo sul territorio italiano perdono ogni traccia della loro vera origine e diventano "italiani" a tutti gli effetti, solitamente ben mascherati dietro la facciata di un marchio nazionale o di una bandiera tricolore. Un finto made in Italy – commenta Coldiretti –che fa concorrenza sleale ai prodotti di ben altra qualità realizzati in modo genuino attraverso una filiera tutta italiana.L’Italia – ricorda Coldiretti – produce il 70% del proprio fabbisogno di Grano duro (40 Milioni di quintali) e il 45% del grano tenero (32 milioni di quintali). Importa quindi il 30% di grano duro (20 milioni di quintali) e il 55% di grano tenero (43 milioni di quintali).Nel settore dei cereali, in particolare, conoscere l’origine diventa importante se consideriamo che i maggiori esportatori di cereali sono Paesi come il Messico e l’Ucraina, dove le norme sanitarie non sono certo simili a quelle nazionali.Anche alla luce dei tanti scandali sanitari, dalla vacca pazza, all’aviaria, fino al latte alla melamina importato dalla Cina – sostiene Coldiretti – conoscere l’origine degli alimenti che arrivano in Italia può agevolare l’attività di quanti hanno il compito di controllare le importazioni agroalimentari.