Dal 2000, i tirocini formativi a Piacenza sono aumentati da 100 – 150 all’anno ad una media di 500. Una crescita esponenziale, che coinvolge una gamma diversa di utenti (giovani diploamati, universitari, disoccupati, disabili, extracomunitari ed alti ancora), per uno strumento che rappresenta, oggi come oggi, il tramite più significativo non sono per apprendere un lavoro, ma anche per accedere ad un lavoro. Il dato è emerso con forza oggi al terzo seminario sul Lavoro del ciclo promosso dalla Provincia alla Cattolica, in collaborazione con l’ateneo. L’ultimo di quindici importanti appuntamenti di livello seminariale sul tema del lavoro, ha ricordato l’assessore al Lavoro Fernando Tribi introducendo L’incontro (dopo il saluto di Donatella Depperu, docente di economia in Cattolica), che si sono sviluppati in cinque anni di costruttiva collaborazione. Incontri molto qualificati e di vero interesse per il territorio. Come ha spiegato Pietro Natale, coordinatore dell’area servizi alle imprese, politiche del lavoro e sistema formativo, la Provincia, competente in materia, è intervenuta in questi anni sia per far crescere il numero dei tirocini, sia, soprattutto, per aumentarne la qualità, mettendo a punto strumenti adeguati in rapporto al target di utenza. Stipulate convenzioni con con le parti sociali e costituita una rete pubblico privata, che coinvolge Azienda USL, Comuni e Privato sociale. Si è anche puntato a migliorare la parte progettuale della formazione e la certificazione di competenze. Tutto questo, ha fatto presente Natale, ha portato a risultati quasi a livello di ecellenza. Natale ha fornito qualche dato ulteriore sull’universo dei tirocinanti piacentini: la maggior parte (64%) si colloca tra i 19 e di 29 anni, quelli assunti a tempo determinato sono il 28%, quelli in apprendistato il 39%, la maggior parte (60% circa) trova lavoro nelle professioni tecniche, nelle professioni vendite e nei servizi.L’incontro, moderato da Pier Antonio Varesi, docente di diritto del Lavoro alla Cattolica e coordinatore del ciclo, ha proposto due relazioni tecniche, quella di Paolo Pascucci, docente di diritto del Lavoro all’Università di Urbino, sulla disciplina dei tirocini, e quella di Pier Giovanni Bresciani, docente delle Università di Genova, Bologna e Trento, sui fattori di qualità nell’attuazione dei tirocini. Il primo ha svolto un excursus sulla legislazione in materia, soffermandosi tra l’altro su chi è chiamato a legiferare in questo comparto specifico. Per determinati problemi, la competenza è dello Stato, ma a livello di legislazione un ampio campo si apre anche al contributo delle Regioni, soprattutto in materia di qualità dei tirocini formativi e di orientamento. Bresciani ha richiamato l’importanza del tirocinio, e più in generale della "vecchia e bistrattata formazione", nel favorire l’inserimento lavorativo (molto spesso l’apprendimento teorico non basta) ed ha richiamato i fattori di qualità dei tirocini: per garantirla è fondamentale, tra l’altro, una sinergia tra servizi per l’impiego e l’offerta formativa, un rapporto di fiducia con imprese e parti sociali, un equilibrio nel rapporto tra sistemi di convenienze. Nella tavola rotonda che ha seguito l’intervento dei due relatori, Paola Romersi, responsabile del servizio competente dell’Università Cattolica, ha descritto le esperienze di stage avviate dal suo istituto (grande incremento nell’ultimo decennio), fornendo dati su criticità e sulle possibilità di miglioramento. In un primo tempo, ha spiegato Giacomo Lucchini, direttore del centro di formazione Tutor, i tirocini hanno legato centro di formazione ed imprese in un approccio che ha tenuto conto, soprattutto, delle esigenze delle imprese. Successivamente, ci si è resi conto che lo "strumento tirocini" andava integrato con aspetti squisitamente formativi: il tirocinio da solo non basta, occorre anche un intervento formativo mirato.